Carlo Goldoni
L'erede fortunata

ATTO PRIMO

SCENA QUARTA

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SCENA QUARTA

 

Arlecchino e detto.

 

ARL. Sior padron...

OTT. Son l’uomo più infelice di questa terra.

ARL. Sior padron...

OTT. Non me l’avrei mai creduto.

ARL. Ah, sior padron...

OTT. Va al diavolo.

ARL. Che vada? Anderò. (in atto di partire)

OTT. Cosa volevi da me?

ARL. Aveva da dirghe un no so che, per part de siora Rosaura; ma vado via.

OTT. No, fermati. Cosa mi dovevi tu dire?

ARL. Vado al diavolo.

OTT. Parla, dico, o ti bastono. (alza il bastone)

ARL. La se ferma, parlerò. Siora Rosaura dis cussì, che ghe premeria de parlarghe.

OTT. Rosaura? Dove?

ARL. L’è in te la so camera.

OTT. Vado subito. Ma no... Dille che ora non posso.

ARL. Gnor sì. (in atto di partire)

OTT. Aspetta... Sarà meglio che io vada. (s’incammina)

ARL. Gnor sì, sarà mei.

OTT. Ma che mai potrò dirle? No, Arlecchino, dille che non mi hai trovato.

ARL. Ghe lo dirò. (in atto di partire)

OTT. Fermati. Se scopre non esser vero, si lagnerà di me. Anderò dunque.

ARL. Da bravo.

OTT. Mah! nella confusione in cui sono... Vanne, dille che anderò poi.

ARL. Non occorr’altro. (in atto di partire)

OTT. No, arrestati, il mio dovere è ch’io vada. (parte)

 

 

 


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