Carlo Goldoni
L'erede fortunata

ATTO PRIMO

SCENA SESTA

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SCENA SESTA

 

Fiammetta sola.

 

FIAMM. Arlecchino è troppo ridicolo. Mi pento aver data la parola di prenderlo. Trastullo mio fratello me lo vuol dare per forza, ma io non lo posso vedere. L’allegria è necessaria, le facezie sono godibili, le burle mi piacciono; ma dice il proverbio: ogni bel ballo stufa, e il sempre ridere è cosa da pazzi. Qualche volta vi vuole un poco di serietà. Io certamente amo piuttosto il contegno, e agli uomini do pochissima confidenza. Pur troppo se la prendono; e se noi niente niente facilitiamo, ci mettono i piedi sul collo, ci comandano, ci disprezzano, ci strapazzano. Piace anche a me vedermi qualche volta riverita, servita e corteggiata, però dentro ai termini dell’onestà, e senza offendere la mia modestia. Parole quante ne vogliono, ma poi si possono leccar le dita. Ecco quel ganimede ridicolo del mio caro signor padrone; anch’egli fa meco il cascamorto, e la padrona fa di me la gelosa. Che bel divertirsi con questi pazzi!

 

 

 


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