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LEL. Ma, cara Fiammetta, tu mi hai abbandonato.
FIAMM. Perché, signor padrone? Che posso far per servirla?
LEL. Senza di te mi par d’essere senza mani, senza capo, e dirò ancor senza cuore.
FIAMM. (Poteva dire senza cervello). (da sé)
LEL. Per carità, non mi privar della tua assistenza. Osserva come stamattina, perché tu non mi hai assistito, osserva come sono male assettato. (tira fuori uno specchio) Guarda questo tuppè; sta male che non può star peggio. Vedi com’è disuguale la polvere sulla mia parrucca. Questo nastro del collo mi pare un poco torto. Ah, senza la mia Fiammettina non so far niente.
FIAMM. Ma la signora Beatrice, vostra consorte, non può ella in mancanza mia supplire al vostro bisogno?
LEL. Ella non sa far altro che tormentarmi colla maladetta sua gelosia. A me piace il viver di buon gusto. Sono avvezzo a trattare il gran mondo, ed ella prendendo in mala parte tutte le mie operazioni, crede che la mia galanteria proceda da poca onestà. Sa il cielo quanto io son casto nelle mie intenzioni.
FIAMM. E tale vi credo, e tale vi convien essere.
LEL. Ma non mi può esser vietato adorare il merito di qualche bella.
FIAMM. Sì, quando vi sia chi meriti le vostre adorazioni.
LEL. Ah Fiammetta, il tuo spirito, il tuo contegno m’incanta.
FIAMM. Signore, voi mi mortificate.
LEL. Se non avessi moglie, felice te!
FIAMM. Ma l’avete, e non occorre pensarvi.