Carlo Goldoni
L'erede fortunata

ATTO PRIMO

SCENA NONA

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SCENA NONA

 

Beatrice e Lelio

 

BEAT. Che temerità! Signor consorte garbatissimo, vi pare una cosa ben fatta? Divertirvi colla cameriera?

LEL. Fiammetta è una giovine onesta, e non potete rimproverarmi, se ho per lei della stima.

BEAT. Che stima! Che cos’è questa stima? Per me dovete aver della stima, e non per la serva.

LEL. Cara Beatrice, io vi amo, io vi adoro, ma più vi amerei, se foste meno gelosa.

BEAT. Che forse non ho ragione d’esser gelosa? Voi con tutte le donne fate il cascamorto. Padrone e serve, dame e pedine, tutte vi piacciono. Alla moglie non ci pensate. Tutto il vostro studio consiste nel farvi un bel tuppè, per correggere i difetti della natura. Vi rendete sino ridicolo per queste vostre affettazioni, e ho da star cheta, e ho da soffrire, e non ho da esser gelosa?

LEL. (Sentite la femminile malizia!) Se procuro comparire con pulizia, fo il mio dovere; se qualche bella mi distingue, è un effetto del merito mio, che mi rende amabile senza mia colpa; e se qualcheduno parla di me con poco rispetto, è l’invidia che lo accende di sdegno.

BEAT. Orsù, venghiamo alla conclusione. O cambiate costumi, o saprò rimediarvi.

LEL. Bel bello con queste minaccie. Signora mia, non mi avete trovato nel fango.

BEAT. Né io sono qualche villana.

LEL. Rispettatemi, se volete esser rispettata.

BEAT. Il vostro modo di vivere non esige rispetto.

LEL. Ma io poi troverò il segreto di farvi stare a dovere.

BEAT. In grazia, signore sposo, qual è questo bel segreto?

LEL. Avete curiosità di saperlo?

BEAT. Sì, mi farà piacere.

LEL. Quando si tratta di compiacerla, glielo dirò in confidenza: il segreto per farle aver giudizio, è un bastone. (parte)

BEAT. A me un bastone! Pretende voler vivere a suo modo, e ch’io non abbia ad esser gelosa? Bel servizio mi ha fatto mio padre a darmi questo canchero per marito! Ma giuro al cielo, o finirà di burlarsi di me, o troverò la maniera di vendicarmi. (parte)

 

 

 


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