Carlo Goldoni
L'erede fortunata

ATTO PRIMO

SCENA VENTESIMA

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SCENA VENTESIMA

 

Beatrice, poi Pancrazio

 

BEAT. In questa casa non si sta bene. Non posso comandare, non posso impedire che vi sieno dell’altre donne. Le serve non le posso scegliere a modo mio. Mio marito è una bestia, non si può contenere. Per aver la mia pace, è necessario ch’io me ne vada. Ecco mio padre, giunge appunto opportuno. Signor padre, con vostra buona grazia, io me ne voglio andare di casa vostra.

PANC. Perché, figliuola mia, mi volete voi abbandonare? Vi manca il vostro bisogno? Non siete ben trattata? Di che cosa vi lamentate?

BEAT. Di voi non mi lamento, ma di quel pazzo di mio marito.

PANC. Che cosa vi ha egli fatto?

BEAT. Fa l’innamorato con tutte, ed anco con la signora Rosaura.

PANC. La signora Rosaura è una ragazza di giudizio, e non vi è pericolo che ella gli dia retta.

BEAT. Non vi è pericolo, eh? Oh quanto l’apparenza inganna! Ho veduto ed ho sentito io stessa. Basta, non voglio dir nulla, ma credetemi che Rosaura non ha quel giudizio che vi supponete.

PANC. Come? Che cosa dite? Voi mi fate restare incantato! Rosaura con vostro marito...

BEAT. Signor sì, con mio marito fa la fraschetta. Io non sono di quelle che mettono male nelle famiglie. Non mi piace mormorare; per altro vi direi quanti abbracciamenti ha ella dati... Quasi, quasi l’ho detta non volendo. Trovateci rimedio, che sarà meglio per tutti. (parte)

 

 

 


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