Carlo Goldoni
L'erede fortunata

ATTO SECONDO

SCENA SECONDA

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SCENA SECONDA

 

Pancrazio e detta.

 

PANC. (Giacché è qui sola, voglio vedere di scoprire se sia vero che ella sia incapricciata di quel pazzo di Lelio). (da sé)

ROS. (Ahimè! Questo vecchio mi porta la fatal nuova della mia morte). (da sé)

PANC. Signora Rosaura, il tempo passa, e il Dottore, vostro zio, e Florindo, vostro cugino, fanno il diavolo contro di voi. Bisogna risolvere, bisogna che parliate chiaramente. Io non voglio liti, non voglio questa sorta di disgrazie in casa mia. Dunque spiegatemi il vostro pensiero, e ditemi se mi volete per vostro marito.

ROS. Ah, signor Pancrazio, voi ponete in un gran cimento il mio cuore.

PANC. Orsù, basta così. Se il rispetto che avete per me, vi trattiene di dirmi apertamente che non mi volete, il vostro sospirare ed il vostro parlare interrotto mi fanno bastantemente conoscere la vostra volontà. Per forza non vi voglio. Né son così pazzo di pormi una serpe in seno. Vi lascio nella vostra libertà. Soddisfate il vostro genio, che avete ragione. Ma domattina apparecchiatevi di andar fuori della mia casa.

ROS. Oh Dio! voi mi avete trafitto il seno. Perché uscir devo di casa vostra? Perché mi discacciatecrudelmente da voi?

PANC. Perché non voglio litigare con i vostri parenti.

ROS. Non siete voi il mio tutore?

PANC. Figliuola mia, non vi voglio far la guardia: o marito, o niente.

ROS. (Sempre più si peggiora il mio stato). (da sé)

PANC. Potete mettere insieme la vostra roba. Io anderò ad avvisare il Dottore, che venga a prendervi.

ROS. Non sarà mai vero ch’io parta viva di casa vostra.

PANC. O che in casa mia v’è forse qualche segreta calamita, che tira il vostro cuore?

ROS. Per amor del cielo, non mi date maggior tormento.

PANC. Via, via, ho capito. So tutto, e adesso intendo perché vi piace la casa e non vi piace il padrone.

ROS. Signore, voi vi potete ingannare.

PANC. Non m’inganno; son uomo avanzato in età, e so il viver del mondo. Compatisco la vostra disgrazia. Pur troppo sento del rimorso di essere stato io la cagione di questo disordine. L’occasione vi ha fatto prevaricare. La gioventù non istà bene insieme. Voi siete di buon . Colui è un matto. Non mi maraviglio se siete cascata.

ROS. Ah, signor Pancrazio, voi avete rilevato un segreto, sinora da me tenuto, e con tutta la gelosia custodito. Compatite la mia debolezza. Amore ha superata la mia ragione. Non posso dissimulare una passione così violenta e crudele.

PANC. Ma, figliuola cara, bisogna regolarsi colla prudenza. Finché v’è tempo, bisogna rimediarvi. Dice il proverbio: la lontananza ogni gran piaga sana. O andate via voi, o per farvi servizio, lo manderò via di casa.

ROS. Oh Dio! E non vi sono pel mio male che rimedi aspri e crudeli? Non potreste voi trovar un espediente opportuno per farci vivere uniti?

PANC. Che diamine dite voi? Siete matta? Volete che io trovi l’espediente di farvi star unita con un uomo ammogliato?

ROS. Come? Ha moglie?

PANC. Mi par di sì.

ROS. Dov’è questa sua moglie? (Traditore! Infedele! Così mi tratta? Così mi deride?) (da sé)

PANC. (L’amore le ha fatto dar la volta al cervello). (da sé)

ROS. Ora intendo perché mi consigliava a sposar voi quell’indegno.

PANC. Vi consigliava a sposarmi, eh?

ROS. E con tutta l’efficacia del di lui spirito.

PANC. Davvero! Oh guardate che finezza mi voleva fare!

ROS. Ah, signor Pancrazio, non mi credeva mai trovare un carnefice nel vostro sangue.

PANC. Colui non è già del mio sangue.

ROS. Come! Non è vostro figlio?

PANC. Oh appunto! Egli è mio genero, non mio figlio.

ROS. Ottavio non è vostro figlio?

PANC. Ottavio, certo che è mio figlio.

ROS. Perché dite dunque che è vostro genero?

PANC. (Ah poveretta, ella gira). (da sé) Dico che Lelio è mio genero.

ROS. Come c’entra il signor Lelio in questo discorso?

PANC. Oh bella! Non siete voi innamorata di lui?

ROS. Io? Il ciel me ne liberi. Lelio ha per moglie Beatrice.

PANC. Dunque di chi abbiamo parlato finora?

ROS. Voi parlaste di Lelio?

PANC. Sibbene, di quel pazzo; e voi di chi intendeste?

ROS. (Oh Dio! m’ingannai). (da sé) Intesi dire... (Ah che il rossore mi opprime!) (da sé) Signore, non mi abbadate. La passione mi toglie il senno.

PANC. Eh via, spiegatevi meglio. Parlatemi con libertà se mai foste innamorata...

ROS. Non posso più. Lasciatemi respirare. (O cielo, che mai ha fatto quest’incauto mio labbro!) (da sé, parte)

 

 

 


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