Carlo Goldoni
L'erede fortunata

ATTO SECONDO

SCENA DICIOTTESIMA

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SCENA DICIOTTESIMA

 

Rosaura, Beatrice e Fiammetta

 

BEAT. Che pretende di fare? Giuro al cielo, se mi perderà il rispetto, l’avrà da far meco. E voi, signora Rosaura, fareste meglio a badare a’ fatti vostri, e lasciar stare mio marito; e tu, impertinente, vattene tosto di questa casa. (a Fiammetta)

FIAMM. Oh certo, che mi fate un gran dispiacere a licenziarmi dal vostro servizio. Le donne della mia qualità sono ricercate, pregate, e non pregano. (parte)

ROS. Ma possibile, signora Beatrice, che vi lasciate così acciecare dalla gelosia, senza riflettere all’offesa che fate alle persone d’onore, senza considerare al vostro decoro, e senza prima assicurarvi del fondamento? Io sono una figlia onorata. Sono una sventurata amante d’Ottavio. Florindo mi perseguita, m’insidia, mi calunnia, mi vuole precipitare. Chiamo in soccorso il signor Lelio vostro consorte; egli per pietà, per cavalleria, mi promette assistenza, e voi lo rimproverate, e voi così mi mortificate? E di lui e di me così ingiustamente ardite di sospettare? Pensateci meglio; vergognatevi di voi medesima; mutate costume, se non volete vivere da insana, e morire da disperata. (parte)

 

 

 


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