Carlo Goldoni
L'erede fortunata

ATTO TERZO

SCENA DECIMA

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SCENA DECIMA

 

Camera in casa di Pancrazio.

 

Florindo e Lelio

 

FLOR. Vi ringrazio, signor Lelio, del buon ufficio che praticato mi avete. La ferita è assai leggiera. Posso andarmene liberamente.

LEL. Se siete un uomo d’onore, prima di partire di questa casa dovete rendere la riputazione alla signora Rosaura.

FLOR. Sì, lo farò. Per un atto di giustizia verso quell’onorata figlia, e per un atto di gratitudine alla vostra bontà.

LEL. E rinunzierete alle pretensioni che avete sopra di lei?

FLOR. Oh, questo poi no. Rosaura deve esser mia.

LEL. Ditemi, che cosa vi stimola? Che cosa vi spinge? Rosaura, o la sua dote?

FLOR. Rosaura merita essere amata; e la sua dote non è cosa da disprezzarsi.

LEL. Circa a questo, io sono indifferente. Il mio impegno restringesi solamente a fare che risarciate il suo onore.

 

 

 


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