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DOTT. Nipote, voi qui? Voi in questa casa?
FLOR. Sì, signore, sono in casa della mia sposa.
DOTT. Piano, piano con questa sposa.
LEL. Signor Dottore, questi due rivali s’ammazzeranno.
DOTT. Florindo è giovane di giudizio.
LEL. Sì, ma si è battuto una volta...
DOTT. Come? Da chi? Nipote mio...
FLOR. Niente, signor zio, la cosa è passata bene.
OTT. Ma non anderà così sempre.
FLOR. No certamente. Anderà peggio per voi.
DOTT. E che sì, che si disputa fra voi due il possesso della signora Rosaura?
FLOR. Per l’appunto, voi lo sapete.
LEL. Amici, siete pazzi a battervi per una donna. La vita è una sola, e le donne sono in abbondanza.
DOTT. Florindo mio, vi consiglio a mutar pensiero.
FLOR. Come?
DOTT. Che diavolo volete fare di una donna che non vi ama?
FLOR. Mi consigliereste a lasciarla?
DOTT. Sì certamente.
FLOR. E perdere con Rosaura anco la dote?
DOTT. Vi consiglierei abbracciare un progetto, che abbiamo concertato col signor Pancrazio.
DOTT. Rinunziare a tutte le nostre pretensioni, e prendere per noi diecimila ducati in tante belle monete, subito contate a prima vista.
OTT. Bellissimo è il progetto! Comodo e vantaggioso per tutti noi.
LEL. Io l’accetterei immediatamente.
FLOR. Ed io non son sì vile per accettarlo.
DOTT. Fate a modo mio, accettatelo.
FLOR. No certamente.
DOTT. Sentite. (Fatelo sopra di me. So quello ch’io dico). (piano a Florindo)
FLOR. Non isperate di lusingarmi.
DOTT. Badate a me. (La ragione Aretusi e Balanzoni potrebbe fallire). (piano a Florindo)
FLOR. Compatite, non è da vostro pari il discorso.
DOTT. (So quel ch’io dico; la cosa è in pericolo. Non lasciamo il certo per l’incerto). (come sopra)
DOTT. (Ecco Pancrazio. Prendete questi fogli, leggeteli piano, e poi risolvete). (dà a Florindo le tre lettere, il quale si ritira a leggerle piano)