Carlo Goldoni
Il feudatario

ATTO PRIMO

SCENA SECONDA

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SCENA SECONDA

 

Arlecchino e detti.

 

ARL. Sioria. (col cappello in capo)

NAR. Cavati il cappello.

ARL. A chi?

NAR. A noi.

ARL. Eh via! Son arrivadi...

NAR. Cavati il cappello, dico.

ARL. Mo per cossa m'hoi da cavar el cappello? V'incontro vinti volte al zorno, e no me lo cavo mai, e adess volì che mel cava?

NAR. Ora siamo in carica; siamo in deputazione. Cavati il cappello.

ARL. Oh! matti maledetti. Tolì; me cavarò el cappello.

NAR. Che cosa vuoi?

ARL. I è qua i cimesi della comodità.

CEC. Cosa diavolo dici?

ARL. I è qua quei do villani vestidi da omeni, che se chiama i cimesi, che i vol vegnir in comodità.

NAR. Oh! bestia che sei. Vorrai dire i sindaci della Comunità. Che venghino.

ARL. Sior sì.

MENG. Veramente abbiamo fatto un bell'acquisto a prendere per uomo di Comune quest'asino bergamasco.

ARL. Certo, disì ben. In sto paese dei asini no ghe ne manca. (parte)

NAR. Temerario!

MENG. Eccoli.

CEC. Abbiamo da levarci in piedi?

NAR. Oibò.

MENG. Abbiamo da cavarci il cappello?

NAR. Oibò.

 

 

 


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