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Ghitta e detto; poi Arlecchino
FLOR. (Vo' vedere se mi conosce). (le passa vicino)
GHI. (Oh! il bel contadinello! Chi mai sarà? Io non l'ho più veduto). (da sé)
FLOR. (Non mi conosce). (ripassa)
FLOR. Bondì a vossignoria. (la saluta da villano)
GHI. Non credo già d'ingannarmi... Signore...
GHI. Come! Così?
FLOR. Per non esser conosciuto.
FLOR. Chi?
ARL. Un pastor con delle pegore.
FLOR. Eh! non importa. Va via.
ARL. (Adessadesso sopraggiunge un legno). (si ritira, poi torna)
FLOR. Sì, Certamente. Io veniva a ritrovarvi. Desiderava di vedervi.
GHI. Ed io bramava di veder voi, ma per una cosa di gran premura.
FLOR. Oh! bello incontro. Eccomi qui.
GHI. Sappiate, signore, che poco fa la vostra signora madre mi ha bravato moltissimo, che non vuole che vi riceva in casa e non vuole che io parli con voi; e se non la obbedisco, ha detto che mi farà fare qualche cosa di brutto.
FLOR. Non dubitate che ci verrò segretamente, che nessun lo saprà.
GHI. Ma! non vorrei...
FLOR. Vedete? In questo abito nessuno mi può conoscere.
FLOR. Chi?
ARL. Un aseno che va pascolando.
FLOR. Va via, impertinente.
ARL. No m'ala dito se sopraggiunge?
FLOR. Va al diavolo. (gli dà un calcio)
ARL. È sopraggiunto. (si ritira)
FLOR. È quello che fa il cacciatore? Che va collo schioppetto?
FLOR. Per dirvela, anch'io lo vedo malvolentieri. Sarà meglio che non andiamo alla vostra casa.
GHI. Non vorrei che egli passasse di qui.
FLOR. Se passerà, non mi conoscerà.