Carlo Goldoni
Il feudatario

ATTO TERZO

SCENA SETTIMA

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SCENA SETTIMA

 

Cecco col bastone in distanza, e detti.

 

ARL. (Vorrebbe avvisar Florindo, ma Cecco minacciandolo lo fa partire) (Se sopraggiunge, a me non giunge). (parte)

FLOR. Io voglio divertirmi fin che son giovane, e voglio stare allegramente, a dispetto di chi non vuole. Di qui non vado più via. Mi piace questo paese, e voi principalmente mi piacete assaissimo.

CEC. (Chi diavolo è costui?) (da sé)

GHI. Sì, caro signor Marchesino...

FLOR. Zitto, non mi nominate.

CEC. (Oh maledetto! ti ho conosciuto). (da sé)

GHI. Io sarò sempre contenta, se mi...

CEC. (Si avanza e la fa partire)

GHI. Oh! domattina portatemi del latte, che voglio farmi una zuppa. Addio, pecoraio. (parte)

FLOR. (Ci sono). (da sé)

CEC. Ehi! pecoraio.

FLOR. Signor?

CEC. Che cosa facevi qui con mia moglie?

FLOR. Mi domandava del latte.

CEC. Eh! pezzo di briccone, indegno.

FLOR. Vi dico... Vi giuro...

CEC. Eh! villano maledetto, ti romperò l'ossa. (lo bastona)

FLOR. Fermatevi.

CEC. Te, villanaccio, te. (come sopra)

FLOR. Fermatevi, sono il Marchese.

CEC. Che Marchese? Sei un villano, sei un pecoraio. (come sopra)

FLOR. Aiuto, sono il marchese Florindo.

CEC. Non è vero. Sei un pecoraio. (come sopra)

FLOR. Oimè! aiuto, non posso più. (cade sopra un sasso)

CEC. (Questa volta hai provato il bastone, un'altra volta ci sarà lo schioppetto). (da sé, parte)

FLOR. Oh me infelice! Io strapazzato, io bastonato?

 

 

 


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