Carlo Goldoni
Il feudatario

ATTO TERZO

SCENA DECIMA

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SCENA DECIMA

 

Rosaura e detti.

 

ROS. Oimè! Quai gridi? Quai sollevazioni son queste?

NAR. Viva la marchesina Rosaura.

CEC. Voi siete la nostra padrona.

MARC. Voi la nostra Marchesa.

ROS. Gradisco il vostro amore, ma voi non avete l'autorità di farmi vostra signora.

NAR. Vi condurremo a Napoli; vi faremo riconoscere, vi faremo investire.

ROS. Una sì violenta risoluzione, in luogo di portarmi al titolo di Marchesa, mi potrebbe costare la vita. E voi in premio di una sollevazione sareste severamente puniti. Giuste sono le vostre mire, giusta la ragione che mi assiste; ma le vostre passioni private distruggerebbero l'opera buona, e vi farebbero rei di un delitto.

NAR. Lasciate il pensiere a noi; venite a Napoli e non dubitate.

MARC. Avremo denari.

NAR. Avremo protezione.

CEC. E poi lo schioppetto.

ROS. (Ah! non fia mai vero, che io paghi d'ingratitudine il bel cuore della marchesa Beatrice). (da sé)

NAR. Via, andiamo.

CEC. Or ora vi prendo per un braccio.

ROS. Non mi userete violenza.

MARC. Presto, andiamo. Vien gente.

CEC. Gente? (s'imposta collo schioppo)

NAR. Non ci facciamo criminali.

CEC. Viva la marchesina Rosaura.

 

 

 


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