Carlo Goldoni
Il filosofo di campagna

ATTO PRIMO

SCENA SESTA   La Lena ed il suddetto

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SCENA SESTA

 

La Lena ed il suddetto.

 

LENA

(Eccolo qui; la vanga

tutto il suo diletto). (da sé)

Se foste un poveretto,

Compatirvi vorrei, ma siete ricco.

Avete dei poderi e dei contanti;

La fatica lasciate ai lavoranti.

NAR.

Cara nipote mia,

Piuttosto che parlar come una sciocca,

Fareste meglio maneggiar la rocca.

LENA

Colla rocca, col fuso e coi famigli

Stanca son d'annoiarmi:

Voi dovreste pensare a maritarmi.

NAR.

Sì, volentieri. Presto,

Comparisca un marito. Eccolo qui. (accenna un Villano)

Vuoi sposar mia nipote? Signor sì.

Eccolo, io ve lo do.

Lo volete? Vi piace? (alla Lena)

LENA

Signor no.

NAR.

Va a veder se passasse

A caso per la strada

Qualche affamato con parrucca e spada. (al Villano, il quale parte ridendo)

Vedi? Ride Mingone e ti corbella.

Povera vanarella,

Tu sposeresti un conte od un marchese,

Perché in meno d'un mese,

Strapazzata la dote e la fanciulla,

La nobiltà ti riducesse al nulla.

LENA

Io non voglio un signor, né un contadino;

Mi basta un cittadino

Che stia bene...

NAR.

Di che?

LENA

Ch'abbia un'entrata

Qual a mediocre stato si conviene;

Che sia discreto, e che mi voglia bene.

NAR.

Lena, pretendi assai;

Se lo brami così, nol troverai.

Per lo più i cittadini

Hanno pochi quattrini e troppe voglie,

E non usano molto amar la moglie.

Per pratica comune,

Nelle cittadi usata,

È maggiore l'uscita dell'entrata.

LENA

Il signor don Tritemio

È cittadino, eppure

Così non usa.

NAR.

È vero,

Ma in villa se ne sta

Perché nella città vede il pericolo

D'esser vizioso o diventar ridicolo.

LENA

Della figliuola sua

V'ha proposte le nozze, io ben lo so.

NAR.

Ed io la sposerò,

Perché la dote e il padre suo mi piace,

Con patto che non sia

Gonfia di vento, e piena d'albagia.

LENA

L'avete ancor veduta?

NAR.

Ieri solo è venuta;

Oggi la vederò.

LENA

Dunque chi sa

S'ella vi piacerà.

NAR.

Basta non abbia

Visibili magagne;

Sono le donne poi tutte compagne.

LENA

Ammogliatevi presto, signor zio;

Ma voglio poscia maritarmi anch'io.

 

Di questa poverella

Abbiate carità.

Io son un'orfanella

Che madre più non ha.

Voi siete il babbo mio.

Vedete, caro ,

Ch'io cresco nell'età.

La vostra nipotina

Vorrebbe, poverina...

Sapete... m'intendete...

Movetevi a pietà. (parte)

 

 

 


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