Carlo Goldoni
Il filosofo di campagna

ATTO SECONDO

SCENA SESTA   Rinaldo, poi don Tritemio ed Eugenia

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SCENA SESTA

 

Rinaldo, poi don Tritemio ed Eugenia

 

RIN.

Se da Eugenia dipende il piacer mio,

Di sua man, del suo cor certo son io.

Veggola che ritorna

Col genitore allato;

Della gioia vicino è il beato.

TRIT.

Eccola qui; vedete se son io

Un galantuomo.

RIN.

Ognor tal vi credei,

Benché foste nemico ai desir miei.

TRIT.

Eugenia, quel signore

Ti vorrebbe in isposa; e tu che dici?

EUG.

Tra le donne felici

La più lieta sarò, padre amoroso,

Se Rinaldo, che adoro, avrò in isposo.

TRIT.

Brava, figliuola mia,

Il rossor questa volta è andato via.

RIN.

L'udiste? Ah, non tardate (a don Tritemio)

Entrambi a consolare.

TRIT.

Eppur pavento...

RIN.

Ogni timor è vano:

In faccia al genitor mi dia la mano.

TRIT.

La mano? In verità

S'ha da far, s'ha da far... se si potrà.

Dammi la destra tua. (ad Eugenia)

EUG.

Eccola.

TRIT.

(Le prende la mano)

A voi. (chiede la mano a Rinaldo)

 

Prendetela... bel bello,

Che nel dito d'Eugenia evvi un anello.

Ora che mi ricordo,

Nardo con quell'anello la sposò;

E due volte sposarla non si può.

RIN.

Come!

TRIT.

Non è così? (ad Eugenia)

EUG.

Sposa non sono.

TRIT.

Ma se l'anello in dono

Prendesti già delle tue nozze in segno,

Non si può, figlia mia, scioglier l'impegno.

Voi che dite, signor? (a Rinaldo)

RIN.

Dico che tutti,

Perfidi, m'ingannate;

Che di me vi burlate e che son io

Bersaglio del destin barbaro e rio.

TRIT.

La colpa non è mia.

EUG.

(Tacer non posso).

Udite: ah, svelar deggio

L'arcano, onde ingannato...

 

 

 


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