Carlo Goldoni
Il filosofo di campagna

ATTO SECONDO

SCENA DICIASSETTESIMA   Camera in casa di Don Tritemio.   Don Tritemio e Lesbina

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SCENA DICIASSETTESIMA

 

Camera in casa di Don Tritemio.

 

Don Tritemio e Lesbina

 

TRIT.

Che ardir, che petulanza!

Questo signor Rinaldo è un temerario.

Gli ho detto civilmente

Ch'Eugenia è data via;

Egli viene a bravarmi in casa mia?

LESB.

Povero innamorato!

Lo compatisco.

TRIT.

Brava!

Lo compatisci?

LESB.

Anch'io

D'amor provo il desio:

Desio però modesto;

E se altrui compatisco, egli è per questo.

TRIT.

Ami ancor tu, Lesbina?

LESB.

Da questi occhi

Lo potete arguire.

TRIT.

Ma chi?

LESB.

Basta... (guardando pietosamente don Tritemio amoroso)

TRIT.

Ma chi?

LESB.

Nol posso dire. (mostrando vergognarsi)

TRIT.

Eh t'intendo, furbetta; Basta,

Lesbina, aspetta

Ch'Eugenia se ne vada

A fare i fatti suoi,

Ed allor penseremo anche per noi.

LESB.

Per me, come per lei,

Si potrebbe pensar nel tempo stesso.

TRIT.

Via, pensiamoci adesso.

Quando il notaro viene,

Ch'ho mandato a chiamar per la figliuola,

Farem due cose in una volta sola.

LESB.

Ecco il notaro appunto,

E vi è Nardo con lui.

TRIT.

Vengono a tempo.

Vado a prender Eugenia; in un momento

Farem due matrimoni e un istrumento. (parte)

 

 

 


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