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L’AUTORE A CHI LEGGE
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
La grande occasione, in cui si può meglio conoscere l’obbedienza e la rassegnazione de’ Figliuoli verso de’ Genitori, è allora quando si tratta della elezione dello stato loro. Parecchie volte pur troppo accade, che da un Padre severo si violenti l’animo di una fanciulla; e in questo caso, quando ella è costretta a doverlo fare, anche a fronte della giustizia paterna, avrà sempre il merito della obbedienza. Rosaura, figlia obbediente, è posta fra due incostanze, che la rendono angustiata. Ella ama, e per obbedienza non dee amare; ella odia, e per obbedienza cambiar dee l’odio in amore. Colui che le viene offerto in isposo, non ha alcun pregio per farsi amare. La ricchezza, che è l’unico di lui bene, viene avvilita dalla grossolana maniera sua di trattare; e se Rosaura potesse di quella appagarsi, colla speranza di dover vivere a modo suo, non possederebbe quella virtù che la rende schiava della obbedienza; e se obbediente non fosse al Padre, porgerebbe la mano all’adorato suo Florindo. In ogni maniera ella non può certamente desiderarlo; ha da procurar di sottrarsi dalle odiate nozze; eppure non solo per rassegnazione trovasi disposta ad acconsentirvi, ma ricusa aderire ad un’amica ardita, che le offre i mezzi ed i consigli per iscuotere il giogo della soggezione e del filiale rispetto.
Questa bella virtù meritava di essere ricompensata, siccome avvenne a Rosaura, colle nozze del suo Florindo, alle quali può condiscendere per opera appunto di colui, che per una parola data dal Padre, era l’ostacolo doloroso de’ suoi amori.
Questa è la Commedia, la quale raggirasi su questo fatto, rendendola istruttiva e morale il carattere di Rosaura, critica e faceta Beatrice, e il conte Ottavio ridicola. Vi ho innestato altri due Personaggi per episodio, non meno ridicoli, curiosi e veri. Una ballerina col suo papà. Con quest’ultimo spezialmente mi sono assaissimo divertito, e mi è riuscito divertire ugualmente gli spettatori della Commedia. Sono capi di opera alcuni padri, alcune madri di queste che chiamansi Virtuose, o di canto, o di ballo, e pochissime cose ho io introdotte nelle Scene di questi due, che non sieno vere, verissime, vedute da me, da me udite, e con particolare attenzione nel magazzino del mio cervello riposte per valermene all’occasione. I lotti sono poi graziosissime invenzioni per far danari con civiltà, e senza obbligo di ringraziare. Se si cavassero questi lotti colle polizze da me inventate, non se ne vedrebbono tanti, poiché per non soffrire i rimproveri, la superbia la farebbe perdere all’avarizia.
Sono riusciti ridicoli per modo questi caratteri, che hanno quasi oscurato il merito della Donna Protagonista, la quale conducendosi con serietà, non dà il piacere che i Personaggi lepidi sogliono dare. Alcuno crederà forse che tai Personaggi non sieno necessari alla favola, e che pecchi di superfluità. Non so che dire. Se si sta sul rigore, che i Personaggi abbiano a essere necessari in modo che senza di essi la Commedia non possa farsi, in questa vi sarebbe da poter discorrere: ma se basta che sieno bene intrecciati, e che lavorino tutti in armonia fra di loro, e accrescano la beltà e l’intreccio, staranno benissimo colla Figlia obbediente la Ballerina e suo Padre. Infiniti esempi potrei addurre di ciò, anche in Molière medesimo; ma per chi sa, non vi è bisogno di addur ragioni; e per chi non sa, è superfluo il dirle.