Carlo Goldoni
La figlia obbediente

L’AUTORE A CHI LEGGE

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L’AUTORE A CHI LEGGE

 

La grande occasione, in cui si può meglio conoscere l’obbedienza e la rassegnazione de’ Figliuoli verso de’ Genitori, è allora quando si tratta della elezione dello stato loro. Parecchie volte pur troppo accade, che da un Padre severo si violenti l’animo di una fanciulla; e in questo caso, quando ella è costretta a doverlo fare, anche a fronte della giustizia paterna, avrà sempre il merito della obbedienza. Rosaura, figlia obbediente, è posta fra due incostanze, che la rendono angustiata. Ella ama, e per obbedienza non dee amare; ella odia, e per obbedienza cambiar dee l’odio in amore. Colui che le viene offerto in isposo, non ha alcun pregio per farsi amare. La ricchezza, che è l’unico di lui bene, viene avvilita dalla grossolana maniera sua di trattare; e se Rosaura potesse di quella appagarsi, colla speranza di dover vivere a modo suo, non possederebbe quella virtù che la rende schiava della obbedienza; e se obbediente non fosse al Padre, porgerebbe la mano all’adorato suo Florindo. In ogni maniera ella non può certamente desiderarlo; ha da procurar di sottrarsi dalle odiate nozze; eppure non solo per rassegnazione trovasi disposta ad acconsentirvi, ma ricusa aderire ad un’amica ardita, che le offre i mezzi ed i consigli per iscuotere il giogo della soggezione e del filiale rispetto.

Questa bella virtù meritava di essere ricompensata, siccome avvenne a Rosaura, colle nozze del suo Florindo, alle quali può condiscendere per opera appunto di colui, che per una parola data dal Padre, era l’ostacolo doloroso de’ suoi amori.

Questa è la Commedia, la quale raggirasi su questo fatto, rendendola istruttiva e morale il carattere di Rosaura, critica e faceta Beatrice, e il conte Ottavio ridicola. Vi ho innestato altri due Personaggi per episodio, non meno ridicoli, curiosi e veri. Una ballerina col suo papà. Con quest’ultimo spezialmente mi sono assaissimo divertito, e mi è riuscito divertire ugualmente gli spettatori della Commedia. Sono capi di opera alcuni padri, alcune madri di queste che chiamansi Virtuose, o di canto, o di ballo, e pochissime cose ho io introdotte nelle Scene di questi due, che non sieno vere, verissime, vedute da me, da me udite, e con particolare nel magazzino del mio cervello riposte per valermene all’occasione. I lotti sono poi graziosissime invenzioni per far danari con civiltà, e senza obbligo di ringraziare. Se si cavassero questi lotti colle polizze da me inventate, non se ne vedrebbono tanti, poiché per non soffrire i rimproveri, la superbia la farebbe perdere all’avarizia.

Sono riusciti ridicoli per modo questi caratteri, che hanno quasi oscurato il merito della Donna Protagonista, la quale conducendosi con serietà, non il piacere che i Personaggi lepidi sogliono dare. Alcuno crederà forse che tai Personaggi non sieno necessari alla favola, e che pecchi di superfluità. Non so che dire. Se si sta sul rigore, che i Personaggi abbiano a essere necessari in modo che senza di essi la Commedia non possa farsi, in questa vi sarebbe da poter discorrere: ma se basta che sieno bene intrecciati, e che lavorino tutti in armonia fra di loro, e accrescano la beltà e l’intreccio, staranno benissimo colla Figlia obbediente la Ballerina e suo Padre. Infiniti esempi potrei addurre di ciò, anche in Molière medesimo; ma per chi sa, non vi è bisogno di addur ragioni; e per chi non sa, è superfluo il dirle.

 


 

 


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