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Arlecchino ed il cameriere di locanda.
ARL. Disim, caro amigo, se poderia saludar missier Brighella?
CAM. Chi è questo messer Brighella?
ARL. Un bergamasco me paesan, che avemo servido insieme in casa de sior Pantalon. I m’ha dito, che l’è allozà in sta locanda.
CAM. È forse padre d’una ballerina?
ARL. Giusto; el padre de Olivetta.
CAM. Olivetta! Parlate con rispetto. Il suo servitore le dà dell’illustrissima.
ARL. Eh! donca no la sarà quella.
CAM. Suo padre non è un uomo alto, nero di faccia, gran parlatore?
ARL. Giusto cussì. L’è Brighella senz’altro.
CAM. Bene, sono questi, e sono qui alloggiati.
ARL. Cossa importa? Ho domandà licenza al patron. Disnerò con lori.
CAM. Sono a pranzo con un cavalier forestiere.
CAM. Or ora hanno finito; aspettate un poco.
ARL. No vedo l’ora de véder el me caro Brighella; s’avemo sempre voludo ben.
CAM. Mi pare impossibile, perché ha una superbiaccia terribile.
ARL. Eh! con mi nol averà superbia. Semo sempre stadi come fradelli; caro vu, fem el servizi; diseghe che el vegna qua, che ghe vôi parlar.
CAM. Glielo dirò; ma non verrà.
ARL. Perché?
CAM. Non vorrà lasciare la figlia sola con quel forestiere in camera.
ARL. Provè a dirghelo. Fem sto servizio. Ma no ghe disi chi sia. Ghe vôi far un’improvvisata.
CAM. Ora glielo dico. (Pensate se monsieur Brighella si degnerà di costui). (da sé, parte)
ARL. Oh che caro Brighella! No ved l’ora de véderlo. Vôi retirarm un tantin, per arrivargh all’improvviso. (si ritira)