Carlo Goldoni
La figlia obbediente

ATTO TERZO

SCENA DICIANNOVESIMA

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SCENA DICIANNOVESIMA

 

Arlecchino e detti, poi il cameriere

 

ARL. Siori...

PANT. Cossa gh’è?

ARL. L’è qua el conte Ottavio.

PANT. Oh diavolo!

ROS. Me infelice!

FLOR. Cosa vuole costui?

PANT. Cossa vorlo?

ARL. Brighella, siora Olivetta, allegramente.

BRIGH. Coss’è stà?

ARL. I ha fermà el lader. La roba l’è trovada.

OLIV. Davvero?

BRIGH. Eh! che no ve credo.

ARL. L’è così da galantomo.

BRIGH. Vôi andar a sentir... (volendo partire, incontra il Cameriere)

CAM. Signor Brighella, me ne rallegro.

BRIGH. È la verità?

CAM. Sì, signore, hanno fermato il ladro.

OLIV. Oh cielo! Dove?

CAM. Nella laguna, prima che arrivasse a Fusina.

BRIGH. Com’ela stada? Chi gh’è andà drio?

CAM. Il signor conte Ottavio ha dato alcuni denari; ha mandato dietro al ladro e l’hanno fermato.

BRIGH. Bravo conte, da galantomo. (con aria)

CAM. Mi la mancia?

BRIGH. Se vederemo. (con aria)

CAM. Si ricordi.

BRIGH. Andè, vecchio. Se vederemo.

CAM. È tornato in superbia. (parte)

PANT. Sto sior Ottavio no se vede. Bisogna che no sia vero.

FLOR. Giuro al cielo, lo ammazzerò.

ROS. Ah! no, Florindo.

PANT. No femo susurri.

BEAT. Signora Olivetta, me ne consolo. Ora respirerete.

OLIV. Eh! né anche per questo mi sarei ammalata.

BEAT. Ballerete più nell’opera buffa?

OLIV. Signora no, e mi vergogno d’averci ancora pensato.

BRIGH. Eh! le xe cosse che le se dise, ma po se ghe pensa a farle. Figurarse, una donna de sta sorte!

 

 

 


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