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PANT. Eccolo.
PANT. Cossa comandela, patron?
PANT. Ella xe in libertà, e Rosaura sposerà sior Florindo.
OTT. Non occorr’altro. Vado a Roma; schiavo.
OLIV. Caro signor conte, mi avete voi favorito?
BRIGH. Ghe saremo obbligadi...
OTT. Zitto. L’ho fatto, perché hanno rubato, essendo costei in camera mia. Son cavaliere. Son galantuomo.
OLIV. Ed io...
BRIGH. Ma come?
OTT. E voi un birbante. (parte)
BRIGH. Oh, che caro sior conte! Sempre el gh’ha in bocca delle barzellette.
BEAT. Presto; avanti che torni, datevi la mano.
FLOR. Sì, cara, eccola. (si danno la mano)
BRIGH. Se le comanda, co le fa el disnar, co le fa l’invido, ghe impresteremo la nostra arzentaria.
OLIV. Andiamo; sono stanca; sempre in piedi? In questa casa non ci vengo mai più.
BEAT. Signora Olivetta, potete ringraziare il conte Ottavio.
FLOR. Uomo veramente stravagantissimo.
PANT. Tanto stravagante lu, quanto ubbidiente mia fia.
ROS. Ecco, signori miei, l’effetto della obbedienza. Ho conseguito dal cielo per mezzo di questa quel bene che per altra via o non avrei ottenuto, o costato mi sarebbe mille rimorsi. Perciò non falla mai chi obbedisce; e siccome fra tutte le virtù dell’animo, è la più lodevole l’umiltà, così fra le figliuole adorabili di questa madre feconda, la più pregievole è l’obbedienza.