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I tre medici, Tarquinio e Pantalone
PANT. Tolè, la s’ha stufà, la xe andada via.
ONES. (Che diavolo ha ella detto? Credo di non averla bene capita). (da sé)
BUON. Orsù, non potendoci noi accordare nella qualità del polso, non possiamo accordarci nella qualità della cura. Io dico che il male di vostra figlia è gravissimo. Ricordatevi dell’aforismo d’Ippocrate: Principiis obsta, sero medicina paratur. (cava l’orologio) Signor Pantalone, sono passati i due quarti d’ora, il conte mi aspetta, e non posso più trattenermi.
ONES. Si è concluso quello che vi ho predetto che si doveva concludere.
BUON. Signor Pantalone, vi riverisco.
BUON. (Guarda l’orologio e guarda Pantalone)
ONES. (Via, date la paga al signor dottor Buonatesta, e dategliela generosa). (a Pantalone)
PANT. (Co sto sugo l’ho da pagar?) (all’Onesti)
ONES. (Vostro danno). (a Pantalone)
BUON. Signor Pantalone, comanda altro da me?
PANT. La favorissa. (gli dà denari)
BUON. Obbligatissimo. (prende il denaro)
PANT. Ma insomma cossa sarà de mia fia?
BUON. Ora non posso trattenermi, tornerò e parleremo. La signora Rosaura guarirà, ma vi vuol per lei una cura lunga. (parte)