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Rosaura, Beatrice, Pantalone, Lelio, Colombina, dottor Onesti, Agapito e Tarquinio.
AGAP. Che cosa hanno detto? (a Lelio)
LEL. Se non siete sordo, avrete inteso.
AGAP. Che?
LEL. Schiavo vostro. (va dall’altra parte)
AGAP. Padron mio. (Che diavolo sarà? Io non intendo niente). (da sé)
PANT. Sior dottor Onesti, za che vedo che mia fia ghe vol ben, che l’era ammalada per causa soa, e che solamente le so nozze la pol varir, son qua con tutto el cuor a offerirghela, se el la vol.
ONES. Sarei troppo ingrato e incivile, se ricusassi la generosa offerta che voi mi fate. Prima però d’accettarla, pregovi assicurarmi che non vi resti verun sospetto ch’io l’abbia nel visitarla sedotta.
PANT. Me maraveggio. So el vostro carattere, e po mia fia e siora Beatrice m’ha dito tanto che basta.
ONES. Quand’è così, accetto da voi il prezioso dono che mi esibite; e volgendomi alla signora Rosaura, la supplico a non isdegnar la mia mano.
ROS. Voi mi offerite la vita nell’esibirmi la vostra mano; l’accetterò con giubbilo, e terminato avrò di penare.
COL. E terminato avrete di tormentarci e di far impazzire quanti noi siamo.
AGAP. Ehi, che cosa dicono? (a Tarquinio)
TARQ. Signori, dunque me ne posso andar via.
PANT. La vaga pur a bon viazo.
TARQ. Se la signora Rosaura sta bene, se la signora Rosaura si marita, non ha bisogno d’altra cavata di sangue. (parte)
LEL. Signor Pantalone, ho inteso tutto. La signora Rosaura è guarita, ma non è per me. Prima me l’avete negata per causa della malattia, ora non me la potete dare per causa del medicamento. Riverisco lor signori. (parte)