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Arlecchino, il servo del casino, e due servitori de’ giuocatori
PRIMO SERV. Figliuoli, venite qui, fintanto che i padroni pranzano, divertiamoci un poco. Arlecchino, avete denari?
ARL. Se gh’ho quattrini? E come! Cossa penseu, che sippia qualche mamalucco? Vardè mo, coss’eli questi?
SECONDO SERV. Capperi, sono zecchini. Come avete fatto tanti denari?
ARL. Me li ha donadi el me patron.
TERZO SERV. Ve li ha donati, o li avete rubati?
ARL. Qua su sto proposito ghe saria da discorrer un pochettin. Per quel che dis el me patron, el me li ha donadi, ma mi che son un omo sincero, posso dir in conscienza che li ho sgraffignadi.
SECONDO SERV. Son qui, giuochiamo pure.
TERZO SERV. Via, tagliate, fate la banca. (al primo Servitore)
PRIMO SERV. Tenete; due zecchini d’oro, e diciotto o venti lire di moneta.
SECONDO SERV. V’insegnerò io. Quattro, a due lire. (punta)
ARL. Quattordese, a cinque soldi.
PRIMO SERV. Oh via, giuocate come va. (ad Arlecchino)
SECONDO SERV. Mettete i punti che ci sono, e non il quattordici.
ARL. Va un zecchin, a un ponto.
PRIMO SERV. Volete che vada al cinque, al sei?
PRIMO SERV. (Oh che babbuino! Quei denari son miei sicuramente). (da sé, taglia e sfoglia)