Carlo Goldoni
Il giuocatore

ATTO TERZO

SCENA SECONDA

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SCENA SECONDA

 

Rosaura e detto, poi Lelio di dentro.

 

ROS. Caro Florindo, voi vi prendete spasso di vedermi penare.

FLOR. (Non so se Brighella le abbia detto che ho giuocato). (da sé) Compatitemi, dove credete voi che ora sia stato?

ROS. Mi ha detto Brighella, che eravate a pranzo con degli amici. Mi pare che si poteva, in grazia mia, terminare più presto.

FLOR. (Brighella è un uomo di garbo). (da sé) Compatitemi. Siamo andati a pranzo tardi; ho avuto degli affari di rimarco. Non crediate già ch’io abbia giuocato.

ROS. Non mi cade nemmeno in pensiere, che dopo le proteste di questa mattina abbiate giuocato più.

FLOR. (Così non lo avessi fatto!) (da sé) Ma, cara signora Rosaura, qual è il motivo che vi conduce nuovamente a favorirmi?

ROS. Un eccesso d’amore che ho per voi. Mio padre è venuto, dopo che siete partito voi, a ritrovarmi, mi ha parlato di voi, e mi ha detto assolutamente che non vuole che io pensi alle vostre nozze.

FLOR. Per qual ragione?

ROS. Perché essendo voi giuocatore, teme precipitarmi.

FLOR. Ma come può esser questo? Se egli sa ch’io non giuoco più, e siamo già fra di noi convenuti?

ROS. Dice che è stato ingannato, che sperava che aveste lasciato il giuoco, ma sa che poco dopo avete nuovamente giuocato. Onde, caro Florindo, vengo a dirvi che io son disperata, che il mio alimento sono le lagrime, e che morirò quanto prima, se non ci trovate rimedio.

FLOR. (Gente infame! Si sa tutto quello ch’io faccio; sarà stato quel briccone di Brighella). (da sé)

ROS. Oh cielo! Non mi rispondete?

FLOR. Rimango attonito, sentendo un discorso simile. Come il signor Pantalone si cambia da un momento all’altro? Abbiamo fra di noi stabilito, che nella settimana ventura seguiranno i nostri sponsali. Qualche mala lingua mi avrà rovinato.

ROS. Bisogna trovar rimedio.

FLOR. Sì, assolutamente, cercherò di veder il signor Pantalone, mi giustificherò, lo placherò, gli farò toccare con mano che non è vero ch’io giuochi, e tutto sarà accomodato.

ROS. Oh cielo! Voi mi consolate. Speriamo che mio padre si placherà?

FLOR. Certamente, e poi pregatelo ancor voi, fatelo pregare dalla vostra signora zia.

ROS. Appunto quella cara zia ha delle pretensioni sopra di voi.

FLOR. È ridicola la poverina. Io mi prendo qualche poco di spasso.

ROS. Ha confidato a Colombina, che vi ha imprestati cinquanta zecchini.

FLOR. (Oh vecchia balorda!) (da sé) Sì, le ho fatta una burla.

ROS. In che consiste questa burla?

FLOR. Voglio che ella vi paghi un gioiello al suo marcio dispetto.

ROS. Ma come?

FLOR. Ne ho ordinato uno assai più bello di quello che avete al collo, e a poco per volta la signora Gandolfa lo deve pagare.

ROS. Se se ne accorge, povera me!

FLOR. Fatemi un piacere, lasciatemi vedere quel gioiello, che in questo punto lo voglio confrontare.

ROS. Ma dove?

FLOR. Presto, presto, prima che il gioielliere vada via.

ROS. Dov’è il gioielliere?

FLOR. Qui, in un’altra camera.

LEL. Signor Florindo, venite o non venite? (di dentro)

FLOR. Vengo, vengo; sentite? Il gioielliere mi chiama.

ROS. Tenete, ma fate presto.

FLOR. Vengo subito.

ROS. Non mi lasciate qui lungamente.

FLOR. Vengo subito. (Se vinco trenta zecchini, le porto subito il suo gioiello). (da sé, parte)

 

 

 


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