Carlo Goldoni
Il giuocatore

ATTO TERZO

SCENA SETTIMA

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SCENA SETTIMA

 

Florindo, poi Beatrice.

 

FLOR. Ora mi converrà soffrire quest’altro tormento. Ma non voglio che Rosaura senta. Fermerò Beatrice in quest’altra camera. (va per partire, e Beatrice lo ferma)

BEAT. Dove, signor Florindo?

FLOR. Veniva ad incontrarvi.

BEAT. Obbligatissima; dopo d’avermi fatto fare un’ora d’anticamera?

FLOR. Andiamo in quest’altra stanza.

BEAT. Vi sono delle persone che giuocano. Voglio parlarvi che nessuno mi senta.

FLOR. Giuocano?

BEAT. Sì, giuocano, traditore! Così m’ingannate?

FLOR. Io non v’inganno. Vi dirò tutto. Zitta per amor del cielo, non mi fate svergognare al casino. Ditemi, vi è un bel banco?

BEAT. Ho veduto dell’oro assai.

FLOR. Il banco vince, o perde?

BEAT. I puntatori vincono.

FLOR. E io, quando metto, perdo sempre. Vi sono de’ bravi puntatori?

BEAT. Non ci perdiamo in simili bagattelle. Giustificatevi, se potete. Provatemi non esser vero che abbiate ad altra donna promesso.

FLOR. (Ora se giuocassi, sarebbe la mia fortuna! Se vincessi cento zecchini, potrei ricuperare la pioggia). (da sé)

BEAT. Voi non mi rispondete?

FLOR. (L’onor mio vuole ch’io arrischi tutto, per comparir galantuomo). (da sé)

BEAT. La vostra confusione m’assicura della vostra reità.

FLOR. Trattenetevi per brevora, e vi farò vedere che la mia confusione non procede per avervi mancato di fede. (parte)

 

 

 


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