Carlo Goldoni
Il giuocatore

ATTO TERZO

SCENA DECIMA

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SCENA DECIMA

 

Florindo, inseguito da Agapito

 

AGAP. Voglio i miei denari.

FLOR. Son galantuomo, vi pagherò.

AGAP. Io non voglio aspettare. Quando perdo, pago; e quando vinco, voglio esser pagato.

FLOR. Datemi tempo sino a domani. Dentro le ventiquattro ore pagherò.

AGAP. Signor no, prima di giuocare avete detto di pagar subito, e io ho giuocato con questo patto.

FLOR. Venite qui, facciamo altri due tagli. Guadagnatemi sino a cinquanta zecchini, e vi pagherò.

AGAP. Datemi prima li venti, e poi taglierò.

FLOR. Mantenetemi giuoco.

AGAP. Fuori denari, e ve lo manterrò.

FLOR. Denari ora non ne ho.

AGAP. Se non avete denari, assicurate il mio credito con della roba.

FLOR. Che roba volete che io vi dia? Ho perso anche la tabacchiera.

AGAP. Quella non l’avete persa con me. Al mio banco non si giuoca che coi denari.

FLOR. Domani vi pagherò.

AGAP. Siete un uomo senza fede e senza parola.

FLOR. Mi maraviglio, son un uomo d’onore.

AGAP. Siete un uomo indegno. Avete giuocato per vincere, senza poter pagare perdendo. Chi giuoca in questa maniera, può dirsi un ladro. Meritereste ch’io vi facessi spogliare; ma sono un galantuomo, e non lo voglio fare. Vi do tempo sino a domani, e se domani non mi pagate, vi fo romper l’ossa con un bastone. (parte)

 

 

 


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