Carlo Goldoni
Il giuocatore

ATTO TERZO

SCENA DICIASSETTESIMA

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SCENA DICIASSETTESIMA

 

Florindo con un braccio al collo, e detta.

 

FLOR. Riverisco la signora Gandolfa.

GAND. Che c’è, figlio mio? Che cosa avete? Vi siete fatto male?

FLOR. Son caduto e mi sono slogato un braccio.

GAND. Poverino! Quanto mi dispiace!

FLOR. (Non voglio che ella sappia che sono stato ferito). (da sé)

GAND. Vi duole assai?

FLOR. Oh, non è niente. (Scellerato Tiburzio! Egli è in carcere a pagare il fio). (da sé)

GAND. Mi parete sbattuto, avete avuto paura?

FLOR. Sono agitatissimo.

GAND. Per qual cagione? Confidatevi in me, vita mia, che vi consolerò.

FLOR. Per causa della mia lite ho tutti i miei effetti sequestrati. Ho dei debiti, e se non pago, mi vogliono cacciar prigione.

GAND. Oh povero giovine! Non vi mancherebbe altro.

FLOR. Voi mi potreste aiutare.

GAND. Di quanto avreste bisogno?

FLOR. In circa cento zecchini.

GAND. Ah Florindo, se voleste, io rimedierei a tutto.

FLOR. Oh me felice! Voi mi consolate; ditemi, che far deggio per meritarmi la vostra grazia?

GAND. Volermi bene.

FLOR. Io vi amo teneramente.

GAND. Se ciò fosse vero, stareste bene voi e starei bene anch’io.

FLOR. Io dico la verità, vi voglio bene assai.

GAND. Caro figlio, mettete da parte il rossore, e ditemi se avreste difficoltà di sposarmi.

FLOR. Sposarvi?

GAND. Sentite, vi assegnerò mille ducati l’anno d’entrata, e mille ve ne sborserò subito, acciocché possiate fare i fatti vostri.

FLOR. (Eppure per causa del giuoco mi converrà sposare una vecchia). (da sé)

GAND. Via, che cosa rispondete?

FLOR. Signora, quanti anni avete?

GAND. Veramente sono un poco avanzata, saranno ormai quarantaotto.

FLOR. (Oh maledetta! Credo ne abbia ottanta). (da sé)

GAND. Se volete, facciamo presto.

FLOR. (Che cosa farò?) (da sé)

GAND. Malanni io non ne ho; avevo qualche piccolo incomodo, ma ho preso le pillole e son perfettamente guarita.

FLOR. (Finalmente creperà presto). (da sé) Signora Gandolfa, voi siete una donna assai ben conservata, vi amo teneramente, e se volete, vi sposerò.

GAND. Oh caro! Siate benedetto! Mi sento consolata tutta.

FLOR. Ma con patto che dei mille ducati l’anno, e dei mille che mi date subito, m’abbiate a far donazione.

GAND. Sì, sì, ve la farò, ve la farò.

FLOR. (Oh giuoco indegno! Per causa tua ho da sposar un cadavere?) (da sé)

GAND. Quando faremo le nozze?

FLOR. Quando volete.

GAND. Io sono all’ordine anche adesso.

FLOR. E i denari?

GAND. Datemi la mano di sposo, e ve li do subito.

FLOR. La mano?... Sì, ecco la mano.

 

 

 


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