Carlo Goldoni
La guerra

ATTO PRIMO

SCENA SESTA   Orsolina e detto

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SCENA SESTA

 

Orsolina e detto

 

ORS. Serva, signor Commissario.

POLID. Oh garbata Orsolina, che fate qui a quest'ora?

ORS. Vengo a rendervi conto del guadagno di questa notte.

POLID. Benissimo.

ORS. Ecco la lista di quello che si è venduto. Sessanta fiaschi di vino di Chianti; trenta bottiglie di Borgogna; sedici boccie di rosolino, ventidue libbre di acquavita gagliarda, quaranta libbre di tabacco da fumo, ed una cassa di pippe.

POLID. Benissimo.

ORS. Vi ho portato i danari del capitale che voi mi avete per grazia vostra prestato, e circa al guadagno, alla vostra cortesia mi rimetto.

POLID. Quanto ci avete voi guadagnato?

ORS. Son donna leale, e sono pronta a dirvi la verità. Sul vino ci ho guadagnato il doppio. Sui rosolini il terzo, e sulle altre cose due terzi.

POLID. Benissimo. Siete voi di quelle che dicono mal della guerra?

ORS. Per me dico tutti i beni del mondo. Io era una povera lavandaia. Son venuta al campo con mio marito per vivandiera. Son rimasta vedova, voi mi avete assistito, e col mio ingegno e colla vostra assistenza spero, tornando a casa, di poter vivere da signora.

POLID. Benissimo.

ORS. Volete incontrare il danaro che vi ho portato?

POLID. No, gioia mia, tenetelo, custoditelo, aumentatelo. Volete dell'altro vino? ve ne darò. Volete dell'altra roba? vi provvederò. Guadagnate; fatevi ricca. Mi piacete; vi voglio bene; amo le persone di spirito; stimo chi sa far il molto col poco. Ho fatto cosí ancor io, e terminata la guerra, se mi risolvo di prender moglie... Basta, credetemi che vi voglio bene.

ORS. Oh signore, vorreste che una povera lavandaia si lusingasse di divenir commissaria?

POLID. Che lavandaia! Siete ora una mercantessa. I danari fanno dimenticare il passato. Sentite, in confidenza, chi credete che fossi io, prima di essere commissario? Ve lo dirò fra voi e me in segretezza per animarvi a sperare, per levarvi ogni scrupolo della vostra condizione passata. Io era un povero tamburino. Sono passato a far il garzone di un vivandiere; mi avanzai dieci scudi, ho comprato un asino, ed ho trafficato all'armata. Ho fatto dopo il condottiere di muli, poi son passato a magazzeniere de' grani. Mi sono poscia interessato nei forni. Di sbalzai ad essere provvisioniere. Andò bene il guadagno, mi regolai con prudenza, mi feci benvolere dai generali; ho saputo spendere con giudizio, ho regalato a tempo, e sono finalmente arrivato al grado di commissario di guerra. Ah! cosa dite?

ORS. Dirò come dite voi. Benissimo.

POLID. Il piú bel matrimonio di questo mondo è quando si marita col danaro il danaro.

ORS. Ma io non posso avere ricchezze.

POLID. Se non ne avete, ne potete fare. Stimo píú una donna che in un giorno sappia guadagnare un paolo, di una che abbia uno scudo al giorno di entrata. Le rendite sono soggette a disgrazie. L'industria si sa difendere in ogni tempo. Parlo bene?

ORS. Voi parlate da quell'uomo che siete. In avvenire cercherò di moltiplicare il guadagno. Farò che mi frutti bene il danaro che mi lasciate. Alzerò nella mia bottega due o tre banche di faraone; m'interesserò nelle banche, e guadagnerò nelle carte e nel gioco. Comprerò delle scatole e degli orologi dai giocatori. Presterò qualche danaro senza pericolo, e colla speranza di profittare. Tutte cose che in un'armata fanno arricchire prestissimo; non è egli vero?

POLID. Benissimo.

ORS. E vi renderò conto di tutto quello ch'io faccio.

POLID. Benissimo.

ORS. E quando sarà terminata la guerra...

POLID. Vedo colà due sergenti che aspettano. Orsolina mia, a rivederci. (in atto di partire)

ORS. Non vi scordate di me.

POLID. Non vi è dubbio. (come sopra)

ORS. Credetemi, che anch'io ho dell'amore per voi.

POLID. Benissimo. (come sopra)

ORS. E sarete contento di me.

POLID. Benissimo. (parte)

 

 

 


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