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Donna Aspasia, poi don Polidoro
ASP. Buon viaggio, buon viaggio.
ASP. L'armistizio è finito presto, per quel ch'io sento. La piazza non si vuol rendere; converrà che la prendano per assalto.
POLID. Eh, la guerra non vuol finir per adesso. (con allegria)
ASP. Io per altro, dopo questa campagna, vorrei che si andasse a quartier d'inverno.
POLID. A quartier d'inverno? a quartier d'inverno? Si ha da combattere colle nevi, col ghiaccio. Si hanno da vedere i soldati induriti dal gelo; le sentinelle hanno da diventar di cristallo. Gli uffiziali si provvederanno di buone pellicce, ed io ne ho fatto una tale provvista, che spero di guadagnarvi piú di mille zecchini.
ASP. Tutto va bene; ma io ho sempre da far questa vita?
POLID. E che cosa vorreste fare?
POLID. Benissimo. E chi vorreste voi per marito?
POLID. Per restar vedova dopo tre giorni?
POLID. Figliuola mia, non vi consiglio di prendere un uffiziale.
ASP. E perché?
POLID. Perché gli uffiziali sono per lo piú cadetti delle famiglie: ne hanno pochi da spendere, e sono avvezzi a scialare. Sono poi delicatissimi nel punto d'onore. Lasciano trattare, conversare le loro mogli per paura d'essere criticati di gelosia; ma niente niente che vedano che loro dispiaccia, in una mano la spada, e nell'altra il bastone. La spada per infilzare monsieur; il bastone per complimentare madama.
ASP. Oh, madama in quel caso saprebbe rispondere alle galanterie di monsieur. Sono avvezza all'armata, e non mi lascerei soverchiare. Avete capito?
ASP. Il benissimo è cosí fatto, che io mi vo' maritare, che mi avete a preparare la dote, e che se mai per avventura, per caso, per accidente, aveste la bontà di dirmi di no, ho dei protettori all'armata, che vi faranno dire di sí. Serva, signor padre. (parte)
POLID. La riverisco. Oh, l'ho fatta grossa io a condur costei all'armata. Merito peggio. Ecco la mia cara Orsolina: questa è donna di garbo, brava, economa, industriosa, e le voglio tutto il mio bene.