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VIO. Scusatemi, signori, se vi ho fatto indiscretamente aspettare.
ROB. No, madama, abbiamo impiegato il tempo benissimo, ammirando le belle produzioni del vostro spirito.
VIO. Compatitemi. Son principiante.
ROB. Voi andate a gran passi per la strada dei letterati.
VIO. Troppo onore, signor don Roberto; e don Gismondo ha sofferto con bontà quel piccolo scherzo della mia Musa?
GIS. Oh signora, io non posso decidere. Ma... per dirla... sono rimasto pieno di meraviglia. (con affettata umiltà)
VIO. Credete voi che col tempo potrò sperare di vedere impresso il mio nome?
GIS. Voi sarete un oggetto d'ammirazione e d'invidia.
ROB. Ma, cara donna Violante, non sagrificate i più bei giorni alle lettere. Godete il mondo, finché la bella età lo permette.
VIO. Sì, voglio goderlo. Il mio tempo lo so dividere perfettamente. Sentite se io ho fatta una buona distribuzione del giro delle ventiquattr'ore. Dodici al letto, due alla tavoletta, due al pranzo, una alla cena, tre allo studio e quattro alla conversazione.
ROB. È poco per la conversazione. Che dite, don Gismondo?
GIS. Sì, vorrebbono essere almeno sei.
VIO. Aspettate: leviamo due ore da qualche altra faccenda.
ROB. Io le leverei dallo studio.
VIO. Oh no: lo studio è troppo necessario. Che dite, don Gismondo?
GIS. Sì, è necessarissimo. Farebbe torto al suo felice talento.
ROB. Dalla tavoletta si potrebbe levar qualche cosa?
VIO. Due ore sono anche poche.
ROB. Due di pranzo, una di cena?...
VIO. Si può far meno?
GIS. Anzi è difficile che colla tavola non s'intacchi.
ROB. Per dirla, mi pare che delle dodici del letto se ne potrebbe levare un paio almeno per la conversazione.
GIS. Si potrebbe conciliare una cosa coll'altra. Non è incompatibile letto e conversazione.
VIO. Sì, sì, per la cioccolata.
ROB. Bravissima! la conversazione della cioccolata
GIS. Grande spirito! gran prontezza ha madama!