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AUR. Di grazia, non si faccia aspettare questa gran signora! Eccola. (La volontà di marito l'ha strascinata fin qui).
ELV. Serva, donna Aurelia. (guarda d'intorno)
ELV. Niente; son qui a ricevere i vostri comandi.
AUR. E che sì, che coll'occhio andate ricercando don Fausto?
ELV. Mi fate ridere. Ha da esser qui don Fausto?
AUR. Sì, ci ha da essere. A momenti verrà. Sedete. (siedono)
ElV. Sono obbligata al vostro buon cuore; ma ho timore che noi gettiamo la fatica ed il tempo.
AUR. Cara amica, ci conosciamo; e poi diffidate che due delle mie parole non abbiano a persuadere don Fausto?
ELV. In verità voi mi consolate. Lo farete di buon cuore?
AUR. Se non vi amassi, non lo farei.
ELV. Questa mattina, confesso il vero, ho dubitato dell'amor vostro; non mi sarei mai creduta che un'amica, come voi siete, ricusasse un bacio.
ELV. No; ma sputandovi sopra, il disprezzo è stato maggiore.
AUR. Vi ho pure detto il perché.
ELV. Avete paura che sulle mie labbra vi sia il carmino? Io non ne ho bisogno, per grazia del cielo.
AUR. Eh già tutti i vostri colori sono naturali. (con ironia)
ELV. Vorreste forse dir di no? Venite la mattina a vedermi levar dal letto.
AUR. E poi, un poco di tinturetta non istà male.
ELV. Io no certo.
AUR. Oh!
AUR. Eh!
ELV. Venite qua, provate col fazzoletto.
AUR. Sì, proviamo. (tira fuori il fazzoletto, e va per toccarla, ed ella si ritira)
ELV. Ma quando lo dico, dovete crederlo.
AUR. Presumete troppo a voler render la gente cieca.