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Donna Violante, poi Don Pirolino.
VIO. Se quella satira si diffonde per Napoli, io son la favola del paese. Vorrei risponderle, ma non vorrei far peggio.
PIR. Signora zia, che risposta mi date del mio negozio?
VIO. Siete venuto a tempo, nipote. Abbiamo delle novità.
PIR. Già me l'immagino. La signora donna Elvira non deve veder l'ora di stringere al seno il più bel fiore di Napoli.
VIO. Or non è tempo di favellare d'amori. Un affar più serioso ci chiama al consiglio, al rimedio, alla vendetta. Questa è una satira.
PIR. Contro chi?
VIO. Una satira contro di noi.
PIR. Contro di noi? Chi l'ha fatta?
VIO. Quel temerario di don Roberto.
PIR. Don Roberto ha avuta la tracotanza?
VIO. Sì, egli è il tracotante. Conviene che ne prendiamo vendetta.
VIO. Anche colla spada, se fa bisogno.
PIR. No, non farà bisogno. Ma la satira che cosa dice?
VIO. Uditela, e inorridite. Già nessuno ci sente. (legge)
Un nipote sciagurato,
(don Pirolino mostra di aggradire )
PIR. Via, via, non mi discontento.
PIR. Non vi è altro?
PIR. Sentiamo. (Gran donne! tutto ricevono in mala parte. (da sé)
VIO. Quella ha voglia di marito,
L'un la capra di Giove, e l'altra il bue.
PIR. Buono, buono, non mi dispiace.
VIO. Come? non vi riscaldate a cotali ingiurie?
PIR. Vi è altro?
VIO. Non vi basta? Vi par questa una leggiera satira?
VIO. Sì, una satira sanguinosa.
PIR. Questa è una lode, un panegirico, un complimento.
VIO. Voi mi vorreste acquietare, perché la bile non mi facesse del male; ma non sono una sciocca. Intendo il senso delle parole.
PIR. Non intendete un'acca. Quello è un componimento allegorico.
VIO. Nipote, mi fate torto a parlar così.
PIR. Lasciate vedere a me. (prende la carta) Il senso è allegorico. Sentite. Una donna infatuata...
VIO. E bene: non vuol dir pazza?
PIR. Non è vero; vuol dire piena di fantasia, poetessa vera. Infatuata, cioè fatidica, corrispondente del fato. I vati fatidici, fanatici, infatuati, sono i veri poeti.
PIR. Io parlo coll'erudizione alla mano. Andiamo avanti. Un nipote sciagurato.
VIO. Non vuol dir disgraziato?
PIR. Sì, sfortunato. «Se la mia bella la mi martella, Son sciagurato, son sfortunato». Ah, che dite?
VIO. Potrebbe darsi che volesse anche dire sventurato.
PIR. Sì, sono sfortunato in tutto. Se il maestro ha stabilito una mattina di voler dare un cavallo, il cavallo tocca a me certamente.
VIO. Cavalli a un giovine del vostro merito?
PIR. Vi dirò. Siccome negli anni passati io sapeva poco, il maestro ha preso l'uso di bastonarmi. Ora son virtuoso, non vi è che dire, e se il maestro mi dà i cavalli, non me li dà sul demerito presente, ma sul preterito.
VIO. E che don Roberto sappia tutte codeste cose?
PIR. Tutti le sanno. Sono più noto io per questi accidenti, che non era noto Alessandro Magno per le sue vittorie.
PIR. Vuol dire che i nostri versi spiritosi, brillanti, danno piacere a tutti. Con un estro inusitato! si può dir meglio? Si può dare una lode maggior di questa? Noi scriviamo in una maniera inusitata e nuova, colla quale non ha scritto nessuno: né Dante, né Petrarca, né il Calepino.
VIO. È un poco oscuretta; ma voi la dilucidate assai bene.
PIR. Quella ha voglia di marito,
Qui non vi è né la satira né l'allegoria.
VIO. Quel voglia di marito è un poco basso.
PIR. Ve lo spiegherò un'altra volta. Terminiamo la spiegazione.
VIO. Via, interpretate la chiusa.
L'un la capra di Giove e l'altra il bue.
Il poeta parla di voi e di me. Io troverò la capra di Giove. Ho sentito nella Regia Parnassi che la capra Amaltea ha dato il latte a Giove, e mi hanno fatto un onore ch'io non merito, credendomi degno di tanta grazia d'essere fratello di latte dell'istesso Giove. Di voi istessamente, perché hanno letta la Regia Parnassi, dicono che qual nuova Europa meritate che Giove in toro a trasformarsi ritorni per rapirvi, giovarvi, immortalarvi.
VIO. Io rimango stordita, come voi sappiate a memoria cotante cose. È poi vero d'Europa, della capra e del toro?
PIR. Ne avete dubbio? Sono istorie verissime. La Regia Parnassi è istoria vera, quanto i Reali di Francia. Conviene studiare, chi vuole intendere le allegorie.
VIO. Insegnatemi, per amor del cielo.
PIR. Ecco qui; se non ero io, don Roberto si rimproverava come satirico.
VIO. Ora lo ringrazierò per le sue finezze.