Carlo Goldoni
L'impostore

ATTO SECONDO

SCENA QUINTA

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SCENA QUINTA

 

Pantalone ed Orazio.

 

PANT. (Siestu benedìo. Come che el parla pulito!) (da sé)

ORAZ. (Questo ragazzaccio vuol essere la mia rovina). (da sé)

PANT. Sior capitanio carissimo, no so cossa che voggia dir Ottavio della condotta de mia fia, e de chi vien in sta casa. In fatti, vago osservando... vu savevi che giera al magazen; per cossa seu vegnù qua in tempo che no me podevi trovar?

ORAZ. Io non sapeva che foste ne' magazzini. Son qui venuto per i tremila zecchini.

PANT. El vestiario xe all'ordine. Doman la lo gh'averà.

ORAZ. Basta, son un uomo d'onore, ho data la mia parola, lo prenderò, ma con un patto.

PANT. Con che patto?

ORAZ. Che ponghiate freno agl'impeti di vostro figlio, che l'obblighiate a portarmi rispetto, e a non darmi nuovi motivi di disgustarmi.

PANT. In questo so quel che ho da far. Ottavio gh'ha giudizio, e me posso comprometter della so ubbidienza.

ORAZ. Perché poi, in caso diverso, mi scorderò ch'egli sia cosa vostra, e lo passerò colla spada da parte a parte.

PANT. Aseo! No, sior capitanio, no vegniremo a sti passi. Ottavio ne ghe darà più sto motivo. Ma la prego anca ella, co mi no son in casa, no la daga da sospettar.

ORAZ. De' galantuomini così facilmente non si sospetta.

PANT. Ma, la vede ben, dove che ghe xe delle putte...

ORAZ. A proposito di questa vostra figliuola, so pure che qualche cosa in mio nome vi è stato detto.

PANT. È verissimo, e giusto per questo se ha motivo de invigilar un pochetto de più.

ORAZ. Mi è stato fatto sperare, che voi non siate per isdegnare la mia richiesta.

PANT. Veramente el xe un onor, che se degna de farme el sior capitanio; ma la vede ben, mandar una putta fora del so paese, senza saver dove che l'abbia d'andar...

ORAZ. Quando voi l'appoggiate ad un galantuomo, da per tutto non può star che bene.

PANT. Bisogna sentir cossa che la dise anca ella.

ORAZ. È giusto. Sentiamola. Fatela venire, ed interroghiamola.

PANT. Ma no, cara ella, sta sorte de domande no le se fa in pubblico; lo farò mi a quattr'occhi.

. Intanto, supponendo ch'ella non dica di no, siete voi disposto a dire di sì?

PANT. Bisogna che senta cossa dise anca i so fradelli.

ORAZ. Ho inteso; voi cercate i pretesti per darmi una negativa. Dei due fratelli suoi, uno è stolido, l'altro è superbo. Ma voi, se siete un uomo di senno, avete da dispor della figlia senza dipender da loro, e se non lo fate, congetturo il malanimo che avete meco, e saprò ricordarmene nelle occasioni.

PANT. Sior capitanio, ghe parlerò schietto. La mazor difficoltà la gh'ho circa la dota. La vorla senza dota?

ORAZ. Non è onor vostro offrire una figlia senza la dote.

PANT. Né mi intendo de maridarla per carità. La so dota xe diesemile ducati. Ma la vede ben, xe giusto che la ghe sia sicurada.

ORAZ. Non basta per sua assicurazione il mio reggimento?

PANT. El reggimento va alla guerra, i lo taggìa a pezzi, e la dota va sotto terra.

ORAZ. Siete troppo sofisfico, signor Pantalone!

PANT. E po ghe dirò anca. La sa che son in parola de darla a sior Fabio, zovene del paese, fio de un galantomo mio amigo...

ORAZ. Ora poi, con questo confronto all'onor mio ingiurioso, mi ponete in impegno di dirvi, che se non fate stima di me, io non faccio stima di voi. Finiamola una volta, tronchiamo il nostro commercio; pagatemi i miei tremila zecchini.

PANT. Mo la se scalda molto presto, el mio caro sior capitanio. No la me lassa gnanca fenir de dir. Con tutto l'impegno, con tutta l'amicizia col sior Fabio, ho trovà un pretesto per cavarme, se occorre; ma torno a dirghe, la difficoltà consiste in te la sicurtà della dota.

ORAZ. Bene; a questa si provvederà.

PANT. E allora ghe la darò.

ORAZ. Bravo, galantuomo; siete mio suocero da questo punto.

PANT. E mi scomenzo a considerarla come mio zenero.

ORAZ. Mi volete bene?

PANT. Benon, benonazzo.

ORAZ. Fatemi un piacere.

PANT. Comandè, caro.

ORAZ. Lasciatemi dir due parole sole alla mia sposa.

PANT. Caro fio, xe ancora presto.

ORAZ. Caro suocero, caro padre, non mi negate questa picciola grazia.

PANT. Bisogna véder... bisogna sentir...

ORAZ. Servitor devotissimo. (in atto di partire)

PANT. Dove andeu?

ORAZ. A battermi col primo che incontro.

PANT. Per che rason?

ORAZ. Per la disperazione in che mi mette la crudeltà d'un suocero ingrato. (come sopra)

PANT. Vegnì qua, fermeve. (Se l'incontra mio fio, el lo sbudella a drettura). (da sé)

ORAZ. E bene, che risolvete?

PANT. Aspettè un pochetto... sento zente.

ORAZ. Che qui non venga nessuno. Che non interrompano gli affari nostri.

PANT. Xe el dottor Polisseno con so fradello; l'oggio da mandar via?

ORAZ. No, che vengano. Son buoni amici.

PANT. (Manco mal, per adesso ho schivà l'impegno). (da sé)

 

 


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