Carlo Goldoni
L'impostore

ATTO SECONDO

SCENA QUINDICESIMA

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SCENA QUINDICESIMA

 

Orazio e Ridolfo.

 

RID. Lo sapete l'impegno nel quale per cagion vostra ritrovato mi sono?

ORAZ. Lo so, e nel momento ch'io veniva in vostro soccorso, una staffetta mi arrestò con due lettere, e la curiosità mi spinse ad aprirle.

RID. Una staffetta? Che novità ci sono?

ORAZ. Buonissime. Le patenti sono per viaggio, ed a momenti saranno qui.

RID. La patente ancora del maggiore del reggimento?

ORAZ. Sì, tutte.

RID. E per chi la disporrete voi?

ORAZ. Per il mio caro amico Ridolfo.

RID. Effetto della vostra bontà.

ORAZ. Che avevate voi da dirmi da solo a solo?

RID. Vo' che pensiamo a far risolvere il signor Pantalone a darvi la sua figliuola, ad onta di quell'insolente di Fabio.

ORAZ. Questo è quello che a me preme infinitamente. Per dirvela, ne sono estremamente invaghito.

RID. Ora, secondo me, il modo sarebbe questo...

ORAZ. Colui che di viene, non è egli Fabio?

RID. Sì, è desso; che pretende l'audace?

ORAZ. Non vi riscaldate subito, amico; prendiamo la cosa con indifferenza a principio, e veggiamo quale idea lo conduca.

RID. Attacchiamolo a dirittura, alla militare.

ORAZ. No, sarebbe soverchieria attaccarlo in due. Fate a modo mio, trattiamolo con disinvoltura.

 

 


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