Carlo Goldoni
L'impostore

ATTO TERZO

SCENA TREDICESIMA

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SCENA TREDICESIMA

 

Ridolfo e detti.

 

RID. Schiavo di lor signori. (frettoloso)

PANT. Servitor suo.

DOTT. Che nuova c'è?

RID. Tutto quello che ha principio, ha fine.

DOTT. Massima incontrastabile.

RID. Sinora si è parlato assai del signor capitano. Ora siamo allo scoprimento della verità.

PANT. Elo un furbo?

DOTT. È un impostore?

OTT. ‑ Si verifica il mio sospetto?

RID. Che furbo! Che impostore! Che andate voi sospettando? Escite di questa casa, e vedrete il paese pieno d'armati.

DOTT. E ciò che vuol dire?

RID. Vuol dire, signor incredulo, che unitisi li corrispondenti del signor capitano colle genti da loro fatte, son qui arrivati, ed il reggimento è completo.

PANT. Subito donca ghe vorrà el vestiario.

RID. Sono tutti vestiti, signore, tutti coll'uniforme e le armi loro.

PANT. Come xela donca? El m'ha burlà.

RID. Il signor capitano Orazio, ora già colonnello, non è capace di burlare nessuno.

OTT. Chi vi ha detto, signore, che questi armati sieno del suo reggimento?

RID. A voi non rispondo. Voi non sapete nulla.

OTT. Ed io rispondo a voi che spessissimo di qua passano truppe.

RID. Eh! tornate in collegio, che ne avete ancor di bisogno.

OTT. Mi maraviglio di voi...

PANT. Tasè . (ad Ottavio)

OTT. Vi farò vedere...

PANT. Tasè ; e andè via subito.

OTT. Obbedisco. (parte mordendosi il dito)

 

 


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