Carlo Goldoni
L'impostore

ATTO TERZO

SCENA SEDICESIMA

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SCENA SEDICESIMA

 

Ottavio e detti.

 

OTT. Signore, un tenente, accompagnato da un caporale con granatieri, desidera di parlarvi. (a Pantalone)

PANT. Son qua.

ORAZ. (Misero me!) (da sé) Sarà un mio... Sì, signore, andate... poi per la cambiale... basta, ne parleremo. (Mi potessi almeno nascondere). (da sé, e parte confusamente per la parte opposta all'ingresso)

PANT. Coss'è sto negozio?

RID. Se non pagherete, sarà peggio per voi. (a Pantalone)

DOTT. Voi non c'entrate. (a Ridolfo)

PANT. Andemo a véder cossa che vol sto sior tenente.

RID. Verrà per ordine del colonnello a farvi star a dovere. Povero signor Pantalone! Verrò con voi per vostra salute. Il maggiore del reggimento può unicamente in questo caso giovarvi.

PANT. No so cossa dir. Sarà quel che piaserà al cielo. Andemo, fio mio, no me abbandonè. (ad Ottavio) Dottor, vegnì via anca vu. (parte)

OTT. Non mi staccherò da mio padre. (parte)

DOTT. Son qui; almeno colle parole. (parte)

RID. Dia denaro alla truppa, ed ogni cosa passerà bene. Anche il maggiore deve principiare ad aver la sua paga. (parte)

 

 


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