Carlo Goldoni
La famiglia dell’antiquario

ATTO SECONDO

Scena Diciannovesima. Doralice, il Cavaliere Del Bosco, Giacinto e detti

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Scena Diciannovesima. Doralice, il Cavaliere Del Bosco, Giacinto e detti

 

PANTALONE (Cossa gh'intra quel sior co mia fia?) (ad Anselmo).

ANSELMO (Non ve l'ho detto? Il suo consigliere).

CAVALIERE Padroni miei, con tutto il rispetto.

DORALICE Serva di lor signori.

ANSELMO E voi, signora, non dite niente? (ad Isabella).

ISABELLA Divotissima, divotissima (sostenuta).

ANSELMO Sediamo un poco, e quello che abbiamo a fare, facciamolo presto. (Brighella non si vede). Che ora è? Signor cavaliere, che ora è? (Tutti siedono).

CAVALIERE Non lo so davvero. Ho dato il mio orologio ad accomodare.

DORALICE Guarderò io: è mezzogiorno vicino (guarda sull'orologio).

ANSELMO Avete un bell'orologio. Lasciatemelo un poco vedere.

DORALICE Eccolo.

ISABELLA Mi rallegro con lei, signora (a Doralice).

DORALICE È necessario un orologio, dove ognora si scandagliano i quarti della nobiltà.

ISABELLA (L' impertinente!).

ANSELMO Mi piace questo cammeo; sarà antico: da chi l'avete avuto?

DORALICE Me l'ha dato mio padre.

ISABELLA Oh, oh, oh, suo padre! (ridendo forte).

PANTALONE Siora sì, ghe l'ho , siora sì.

ANSELMO Questo cammeo è bellissimo.

PANTALONE (Orsù, vórla che scomenzémo a parlar? Vórla dir éla?) (piano ad Anselmo).

ANSELMO La chioma di quella sirena non può esser più bella. La voglio veder colla lente (tira fuori una lente, osserva il cammeo, e non bada a chi parla).

PANTALONE (El tempo passa) (come sopra).

ANSELMO Principiate voi, poi dirò io. Intanto lasciatemi prender gusto in questo cammeo.

PANTALONE Signore, se le me permette, qua per ordine del sior Conte mio padron, del qual ho l'onor de esser anca parente...

DORALICE Per mia disgrazia.

PANTALONE Tasé , siora, e fin che parlo, no m'interrompé. Come diseva, se le me permette, farò un piccolo discorsetto. Pur troppo vero che tra la madonna e la niora poche volte se va d'accordo...

ISABELLA Quando la nuora non ha giudizio.

PANTALONE Cara ella, per carità, la prego, la me lassa parlar; la sentirà con che rispetto, con che venerazion, con che giustizia parlerò de éla (ad Isabella).

ISABELLA Io non apro bocca.

PANTALONE E vu tasé (a Doralice).

DORALICE Non parlo.

PANTALONE Credo che per ordinario le dissension che nasce tra ste persone, le dipenda da chiàccole e pettegolezzi.

Questa volta son cose vere.

DORALICE Vere, verissime.

PANTALONE Oh poveretto ! me làssele dir?

ISABELLA Avete finito? Vorrei parlar anch'io.

DORALICE Una volta per uno, toccherà ancora a me...

PANTALONE Mo se non ho gnancora principià. Sior Conte, la parla éla, che no posso più (ad Anselmo).

ANSELMO Avete finito? Si sono aggiustate? È fatta la pace?

PANTALONE Dov'elo stà fina adesso? Non l'ha sentìo ste campane che no tase mai?

ANSELMO Con un cammèo di questa sorta davanti agli occhi, non si sentirebbero le cannonate.

PANTALONE Cossa avemio da far?

ANSELMO Parlate voi, ché poi parlerò io (torna ad osservare il cammeo).

PANTALONE Me proverò un'altra volta. Siora Contessa, voria pregarla de dir i motivi dei desgusti contro mia fia (ad Isabella).

ISABELLA Oh, sono assai.

DORALICE I miei sono molto più.

PANTALONE Tasé , siora; lassé che la parla éla, e po parleré vu.

DORALICE Ah! sì, deve ella parlare la prima, perché... (Ho quasi detto, perché è più vecchia) (al Cavaliere).

CAVALIERE (Avreste fatto una bella scena!)

PANTALONE La favorissa de dirghene qualchedun (ad Isabella).

ISABELLA Non so da qual parte principiare.

GIACINTO Signor suocero, se aspettiamo che esse dicano tutto con regola e quiete, è impossibile. Io, che so le doglianze dell'una e dell'altra, parlerò io per tutte due. Signora madre, vi contentate ch'io parli?

ISABELLA Parlate pure. (Già m'aspetto che tenga dalla consorte).

GIACINTO E voi, Doralice, vi contentate che parli per voi?

DORALICE Sì, sì, quel che volete. (Già terrà dalla madre).

GIACINTO Prima di tutto mia madre si lamenta che Doralice le abbia detto vecchia.

ISABELLA Via di qua, temerario (a Giacinto).

GIACINTO Diceva...

ISABELLA Va' via, che ti do una mano nel viso.

GIACINTO Perdonatemi.

ISABELLA Va', ti dico, impertinente.

GIACINTO (Anderò per non irritarla. Eh! lo vedo, lo vedo; qui non si può più vivere) (parte).

DORALICE (Mi ha dato più gusto, che se avessi guadagnato cento zecchini) (al Cavaliere).

CAVALIERE (Quella parola le fa paura).

PANTALONE Cossa dísela, sior Conte? No se pól miga andar avanti.

ANSELMO Orsú, la finirò io. Signore mie... Ma prima che scordi, questo cammeo si potrebbe avere?

PANTALONE El de mia fia, la ghe domanda a éla.

ANSELMO Mi volete vendere questo cammeo? (a Doralice).

DORALICE Venderlo? maraviglio. Se ne serva, è padrone.

ANSELMO Me lo donate?

DORALICE Se si degna.

ANSELMO Vi ringrazio, la mia cara nuora, vi ringrazio. Lo staccherò, e vi renderò l'orologio.

ISABELLA Via, ora che la vostra dilettissima signora nuora vi ha fatto quel bel regalo, pronunziate la sentenza in di lei favore.

ANSELMO A proposito. Ora, già che ci siamo, bisogna terminare questa faccenda. Signore mie, in casa mia non vi è la pace, e mancando questa, manca la miglior cosa del mondo. Sinora ho mostrato di non curarmene, per stare a vedere sin dove giungevano i vostri opposti capricci; ora non posso più, e pensandovi seriamente, ho deliberato di porvi rimedio. Ho piacere che si trovino presenti questi signori, i quali saranno giudici delle vostre ragioni e delle mie deliberazioni. Principiamo dunque...

 


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