Carlo Goldoni
Il festino

ATTO TERZO

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ATTO TERZO

SCENA PRIMA

 

Stanza inserviente ad una bottega di caffè, con vari tavolini e sedie.

 

Risma, garzone della bottega del caffè, con altri garzoni che ripuliscono i tavolini e le sedie;

poi il Conte di Belpoggio.

 

CON.

Risma.

RIS.

Signor.

CON.

Balestra s'è qui veduto ancora?

RIS.

Non signor.

CON.

Ci doveva essere a ventun'ora.

Credo le ventidue saran poco lontane.

Voglio essere obbedito da chi mangia il mio pane.

RIS.

Signor, vorrei pregarla...

CON.

Di che?

RIS.

So che una festa

Fa ella questa sera, se la domanda è onesta,

Desidero...

CON.

Che cosa?

RIS.

Servirla dei rinfreschi.

CON.

L'impegno è grande; io temo che poi non ci rieschi.

RIS.

Signor, di me le genti son meglio persuase;

Io soglio di Venezia servir le prime case.

Vengono alla bottega, e in queste stanze mie,

La sera e la mattina le meglio compagnie.

Saran tre anni almeno, se forse non è più,

Che noi al signor Conte prestiamo servitù.

Anzi la pregherei, or che mi viene in mente,

Saldar quel contarello ch'è una cosa da niente.

CON.

Tempo or non ho; stassera tieni le cose in pronto;

Viemmi a servire, e poi si farà tutto un conto.

RIS.

Ringrazio vossustrissima, e vado a preparare

Tutto quel che stassera potrebbe abbisognare.

(Ma gli darò, col rischio d'esser pagato male,

Rinfreschi scellerati, e un conto da speziale). (da sé, e parte.)

 

 

 

 


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