EMA.
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Gioacchino. (chiama.)
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GIO.
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Che comanda? (esce dalla bottega.)
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EMA.
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Vi è dello Spettatore
Foglio verun
stamane?
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GIO.
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L'abbiamo. Sì signore.
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EMA.
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Portalo.
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GIO.
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Anche il Mercurio porterò, se lo vuole.
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EMA.
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Non lo
voglio. Non perdo il tempo in cotai fole.
È la
filosofia mio nume e mio diletto.
Voglio lo Spettatore.
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GIO.
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Vel porterò.
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EMA.
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Ti aspetto.
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GIO.
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(Vuol di
filosofia parlare un argentiere.
Quanto farebbe
meglio badare al suo mestiere!)
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MIL.
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Emanuel Bluk, che fate?
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EMA.
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Oh, Milord, ti saluto.
Pensavo a gravi
cose: non ti avevo veduto.
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MIL.
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(Un'altra
specie è questa di filosofi strani.
Il tu lo danno
a tutti: lo danno anche ai sovrani).
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GIO.
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Ecco il
richiesto foglio. (a Emanuel.)
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EMA.
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Bene.
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GIO.
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Ed or, se volete,
Vi porterò il
caffè.
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EMA.
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Non bevo senza sete. (Gioacchino si ritira nella sua bottega.)
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MIL.
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Il caffè non
per sete, amico, si suol bere,
Ma per
trattenimento, per uso e per piacere.
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EMA.
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Trattenimento
è questo dei sciocchi e degli oziosi
Le cose per
piacere non le fan che i viziosi.
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MIL.
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A me pure è
diretto lo stil poco opportuno.
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EMA.
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Quando parlo di
tutti, io non escludo alcuno.
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MIL.
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La verità,
nol nego, ogni virtute avanza;
Ma separare il
vero si può dall'increanza.
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EMA.
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Tu sei un
uomo ricco, tu sei nobile nato,
Ma fosti
d'una pasta, come son io, creato.
Filosofia
distingue gli sciocchi dai sapienti;
Quel che
creanza chiami, è ambizion delle genti.
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MIL.
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Ma tutti quei
che sono nell'etica iniziati,
Non usan per virtute
di fare i malcreati.
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EMA.
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Trovami un
uom che sappia, un uomo illuminato
Che pensi alla
tua foggia.
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MIL.
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Amico, io l'ho trovato.
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EMA.
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Chi è costui?
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MIL.
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Un uom
saggio, che i suoi doveri intende:
È Jacobbe
Monduill, ch'è dotto e non pretende.
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EMA.
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Jacobbe
Monduill è un ciarlator bugiardo,
Chiamato per
ischerno filosofo bastardo.
Delle
passioni umane altrui vuol porre il freno,
Ed ei le ha
mascherate, ma le coltiva in seno.
Di madama
Brindè pazzo, scorretto amante,
Fa il
precettore in piazza, ed in casa il galante.
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MIL.
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Come! Jacobbe
aspira della Brindè all'affetto?
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EMA.
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Non vi aspira,
il possiede.
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MIL.
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(Ah, mi pone in sospetto). (da sé.)
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EMA.
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Egli,
quell'uom sì saggio, molle del pari e avaro,
Della vedova
insidia il cuore ed il danaro.
E l'ignorante
volgo, che a tutto presta fede,
Quel ch'è
passione in loro, virtù figura e crede.
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MIL.
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Qual fondamento
avete per sostener tai detti?
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EMA.
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Lo so. Questo
ti basti.
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MIL.
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Ponn'essere sospetti.
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EMA.
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Non mentono i
miei pari. Quando per noi si dice
Questa tal
cosa è vera, nessun ci contradice.
Una parola
nostra val più di un istrumento,
La fè che a
noi si presta, prevale al giuramento.
Jacobbe è un
menzognero. È ver, perché io lo dico.
(Jacobbe è un
temerario. Jacobbe è un mio nemico). (da sé; entra nella bottega del
caffè.)
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