Carlo Goldoni
Il filosofo inglese

ATTO SECONDO

SCENA PRIMA

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ATTO SECONDO

SCENA PRIMA

 

Jacobbe Monduill dalla casa del signor Saixon, milord Wambert dalla strada s'incontrano

 

MIL.

Jacob, donde si viene?

JAC.

Dalla Brindè, signore.

MIL.

A far l'innamorato, o a farle il precettore?

JAC.

Né l'un, né l'altro. In me di amar non vi è desio,

Né della donna saggia il precettor son io.

MIL.

Madama di Brindè sol nata è per gli eroi.

Non è per me.

JAC.

Vel dissi.

MIL.

Sarà dunque per voi.

JAC.

Perdonate...

MIL.

Scoperto finalmente ho l'arcano.

Jacob, la passion vostra voi nascondete invano.

Strano non è che il core vi abbian ferito e colto

Gli occhi di bella donna: chi non li teme, è stolto.

Mi maraviglio solo che ardite in faccia mia

Di mascherar l'affetto, di dirmi una bugia;

Che con mentito zelo, fingendo consigliarmi,

Da lei mi allontaniate a costo d'ingiuriarmi;

E col chiamarmi indegno di femmina sapiente,

Tacciate me di stolto, di uom che non sa niente.

Solita frase audace di voi filosofastri,

Che per follia credendo discendere dagli astri,

A chi vi rende onore, a chi vi ammira e crede,

Parlate con disprezzo, tradite sulla fede.

JAC.

Milord, molto diceste, voi m'insultaste assai;

Bastami che le ingiurie però non meritai.

Esamino me stesso, ho la coscienza illesa;

Questa è la mia ragione, questa è la mia difesa.

MIL.

Bella morale in bocca di chi a ragion s'incolpa:

Affetta la costanza, e reo non si discolpa.

JAC.

Di che son reo, signore?

MIL.

D'amor colla Brindè.

JAC.

Non l'amo, e s'io l'amassi, colpa l'amar non è.

MIL.

Colpa è l'amarla allora che di un amico il foco

Si ascolta, si consiglia, e poi si prende a gioco.

JAC.

Di audacia o di menzogna rimorsi al cuor non sento.

Calmi soltanto il vero; lo dissi, e non mi pento.

MIL.

Farò ben io pentirvi d'ogni mentita cura,

Se più vedrovvi audace andar fra quelle mura.

JAC.

In ciò di soddisfarvi, Milord, io non ricuso;

Mi avrò, per compiacervi, da quella casa escluso;

Ma una ragion che salvi l'onor mio, la mia fama,

Si ha da saper dal mondo, l'ha da saper madama.

Dicasi che comanda che io non vada;

Non passerò, se il vieta, nemmen per questa strada.

MIL.

L'amor, lo sdegno mio non irritar cercate;

Scegliete il vostro meglio, e me non nominate.

JAC.

Deh lasciate che possa, Milord, senza sdegnarvi,

A pro dell'onor vostro l'amor mio ragionarvi.

Della vedova in casa andar più non degg'io;

Voi l'imponete, e questo bastar dee al dover mio.

Ma se il comando vostro nascondere cercate,

Di un tal comando è segno che voi vi vergognate.

Doppia di tal vergogna può esser la ragione:

O perché voi non siete della Brindè il padrone;

O perché, per esporre ai torti un uomo onesto,

Scarsissimo è il motivo, ridicolo è il pretesto.

Signore, in ogni guisa io taccio, e vi obbedisco;

Ma ingiusto è il voler vostro, ma per voi arrossisco.

MIL.

Jacob, qui non è d'uopo di argomentar sul fatto;

Giusto, sincero, onesto vi crederò ad un patto.

L'accesso con madama facile avete ogn'ora;

Ditele che Milord la venera e l'adora.

Ma no, megli' è ch'io stesso le dica i sensi miei.

Andiamo; in questo punto guidatemi da lei.

Voi, se fia ver che amiate più il mio che il vostro bene,

Datele quel consiglio che all'amor mio conviene.

Per me colle ragioni svegliate in lei l'affetto;

Parlate al di lei cuore, parlate all'intelletto.

Se in voi costanza vera in tal cimento i' vedo,

Dileguasi il sospetto; Jacob, tutto vi credo.

JAC.

Rispondere, signore, a ciò mi fia permesso,

Che un cavalier per tutto ha libero l'accesso.

Di essere bene accolto da lei sicuro siete,

Di scorta e introduzione bisogno non avete.

Quella è la porta sua; si picchia, e poi si sale;

Sono, se nol sapete, brevissime le scale.

Madama è gentilissima, spiegatevi con lei.

Milord, cotali uffizi non son da pari miei. (entra nella bottega del libraio.)

 

 

 


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