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   EMA. 
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   Critica in
  questo foglio sol noi lo Spettatore. 
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   PAN. 
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   Gioco un paio
  di scarpe, che n'è Jacob l'autore. 
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   MIL. 
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   Merita una
  vendetta l'affronto del ribaldo; 
  La penserò,
  ma prima vo' che si scemi il caldo. 
  Decidere
  saprei qual merta in sul momento, 
  Ma su la mia
  passione le satire pavento. 
  Oggi non
  puossi in Londra trarsi un capriccio solo 
  Che dalla
  città tutta non sappiasi di volo. 
  Sonovi
  stipendiati de' scaltri osservatori, 
  Che stampano
  di tutti le favole e gli errori. 
  Util costume,
  è vero, che al pubblico ha giovato, 
  Ma che in
  angustia pone l'arbitrio del privato. 
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   EMA. 
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   Milord, buon
  giorno a te. 
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   MIL. 
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   Buon giorno, Emanuel mio. 
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   PAN. 
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   Milord, voltati
  in qua. Ti do il buon giorno anch'io. 
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   MIL. 
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   Oh, signor
  calzolaro, gli son bene obbligato. 
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   PAN. 
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   Tu burli, e noi
  di cuore ti abbiamo salutato. 
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   MIL. 
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   Qual novità
  vi porta uniti in questo loco? 
  So pur, che
  accompagnati andar solete poco. 
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   EMA. 
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   Amiamo
  l'andar soli per acuir l'ingegno; 
  Ora ci siamo
  uniti per ben del nostro regno. 
  Vi sono cose
  grandi stampate in queste carte: 
  Milord, te
  pur vogliamo del nostro zelo a parte. 
  In mezzo ti
  prendiamo, non già per complimento. 
  Speriam che
  tu sarai del nostro sentimento, 
  Che un uomo
  ad un altro uomo usando un van rispetto, 
  Lo faccia per
  ischerno, o faccial con dispetto. 
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   PAN. 
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   Ti abbiamo
  preso in mezzo, Milord, perché siam due; 
  Ognun senza
  fatica vuol dir le cose sue. 
  Per altro già
  si sa, che siam tutti del paro, 
  L'orefice, il
  milord, il sarto... 
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   MIL. 
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   Ed il somaro. 
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   PAN. 
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   Se avesse
  come noi l'interno e la ragione, 
  Sarebbe anche
  il somaro di pari condizione. 
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   MIL. 
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   La coda, gli
  orecchioni, gl'irsuti peli suoi, 
  Non lo
  distingueriano da Emanuel e da voi? 
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   PAN. 
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   Sì, lo distinguerebbe... 
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   EMA. 
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   Basta
  così, parliamo 
  Di quel che
  preme, e il tempo prezioso non perdiamo. 
  Questo
  stampato foglio, lo dissi e lo ridico, 
  Offende il
  nostro regno, e il Re ch'è nostro amico. 
  Distruggere
  vorrebbe l'economia perfetta; 
  Esalta delle
  mode la pratica scorretta. 
  Condanna il
  vestir soglio de' nostri cittadini, 
  Consiglia il
  mal esempio seguir de' Parigini. 
  Dice che non
  conviene ai nobili e agli artieri 
  (Che già vuol
  dir lo stesso) vestir come i staffieri; 
  E trova gli
  argomenti, e trova la ragione, 
  Che ai
  sciocchi persuada la gala e l'ambizione. 
  Questo velen,
  pur troppo, serpe di tanti in seno, 
  Bisogno ha di
  riforma, di regola e di freno. 
  Noi fatichiam
  per questo, noi sparsi abbiam sudori, 
  Del lusso e
  delle mode noi siam riformatori. 
  Costui col
  nome falso di Filosofo Inglese, 
  Corrompe il
  buon costume, precipita il paese; 
  L'empio che
  il nome usurpa fra noi di Spettatore, 
  Jacobbe è
  Monduill, filosofo impostore. 
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   MIL. 
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   Dunque colui... 
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   PAN. 
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   Ti
  accheta. Tocca parlare a me. 
  L'autor di
  questi fogli ora si sa chi è. 
  Tra le altre
  cose indegne, per suscitar litigi, 
  Accenna che
  son belle le scarpe di Parigi. 
  Le donne che
  aman sempre le cose forestiere, 
  Andranno
  anche le scarpe in Francia a provvedere; 
  E poscia,
  dalle piante passando agli altri arnesi 
  Le donne
  d'Inghilterra saran tutte francesi. 
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   MIL. 
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   Amici, se le
  mode, se il lusso detestate, 
  Se amate il
  ben comune, se gli usi riformate, 
  Perché da voi
  medesmi ricchi lavor si fanno, 
  Che recano
  dispendio, e apportano del danno? 
  Voi
  coll'argento e l'oro vi guadagnate il pane; (ad Emanuele.) 
  Voi nel
  formar le scarpe studiate mode strane. (a Panich.) 
  Dunque
  dannoso è il lusso, saggi prudenti eroi, 
  Sol quando i
  compratori non spendono da voi! 
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   EMA. 
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   Questa ragion
  non vale: io sudo e mi affatico 
  In un metal di
  cui sono mortal nemico. 
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   PAN. 
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   A forza e per
  dispetto faccio le scarpe all'uso; 
  Detesto e
  maledico dei stolidi l'abuso; 
  Se in pratica
  tornasse la grossa scarpa antica 
  Maggior sarebbe
  il lucro, minore la fatica. 
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   MIL. 
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   Dunque... 
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   EMA. 
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   Rispondi a me. Hai tu amicizia in Corte? 
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   MIL. 
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   A me, quando vi
  giungo, non chiudonsi le porte. 
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   EMA. 
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   Se sei buon
  cittadino, esponi al ministero 
  Il danno che
  alla patria può fare un menzognero. 
  Dall'isola si
  scacci costui che vuol dar legge, 
  Che sa
  palliare il vizio, e odiar chi lo corregge. 
  Avrai dai
  nostri amici pronto segreto aiuto. 
  Il ciel per me
  ti parla. Pensaci. Ti saluto. (parte.) 
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   MIL. 
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   Addio. 
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