Carlo Goldoni
Il filosofo inglese

ATTO QUARTO

SCENA UNDICESIMA

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SCENA UNDICESIMA

 

Madama Saixon sulla loggia con monsieur Lorino, e Rosa che porta un piccolo tavolino, ed il suddetto; poi Gioacchino che torna.

 

M.SA.

Qui, qui giocar vogliamo. Al fresco, all'aria pura.

ROSA

Stupisco, che vogliate giocar con quest'arsura. (le accenna nonsieur Lorino.)

LOR.

Arso non son qual credi, fantesca impertinente.

Questi sono denari. (fa vedere la borsa.)

ROSA

Denari? allegramente.

Che sì che l'indovino? Voi avete venduti

A un parrucchier due oncie di capelli canuti.

LOR.

Fraschetta! custodisco la chioma con tal zelo,

Che morirei di fame pria di levarmi un pelo.

ROSA

E pur guadagnereste delli denari assai,

Le setole vendendo ai nostri calzolai. (parte.)

LOR.

Madama, questo è troppo. (alla Saixon.)

M.SA.

Affé, non vi è gran male.

LOR.

Di setole favella? mi tratta da maiale?

M.SA.

Via, via, la sgriderò. Venite qui, giochiamo.

LOR.

Eccomi a' cenni vostri. Darò le carte.

M.SA.

Alziamo. (fanno il loro gioco a picchetto.)

MIL.

L'acqua non viene mai?

GIO.

Eccola qui, signore. (porta un bicchiere d'acqua a Milord.)

MIL.

(Beve l'acqua.)

M.SA.

Scartate. Io già l'ho fatto. Che bravo giocatore!

MIL.

(Terminato di bevere, la tazza a Gioacchino che parte; poi si alza.)

(Satire a me? Vedremo s'io scoprirò l'indegno). (da sé, passeggia.)

M.SA.

Ehi! Milord. (a Lorino, accennando Milord.)

LOR.

È agitato. (alla Saixon.)

MIL.

(Lo sfogherò il mio sdegno). (seguita a passeggiare.)

M.SA.

Che sì ch'egli ha veduta la satira pungente? (a Lorino.)

LOR.

Ah, per amor del cielo, di me non dite niente. (alla Saixon.)

M.SA.

Se il sa tutto il paese! inutile è il celarlo.

LOR.

Mi pento averlo fatto. Con lui convien negarlo.

MIL.

(Lorino con madama gioca tranquillamente;

Parmi di aver ragione di crederlo innocente). (da sé.)

M.SA.

Via presto, rispondete. (a Lorino, giocando.)

LOR.

Sento tremarmi il core. (alla Saixon, giocando.)

MIL.

Madama, la Brindè è in casa? (alla Saixon.)

M.SA.

Non signore.

MIL.

Poss'io saper dov'è?

M.SA.

Dirovvelo di botto:

È andata con Jacobbe. Oh, vi ho dato cappotto. (a Lorino, giocando.)

MIL.

(Con Jacobbe madama? Ah indegni scellerati!

Giuro, se li ritrovo, cadranno ambi svenati.

Colui che ad onta mia la mia nemica adora,

Essere di que' versi l'autor potrebbe ancora). (da sé, e smania.)

M.SA.

Milord, non v'inquietate, se non volete poi

Che facciano i poeti le satire per voi.

LOR.

(Zitto, per carità) (alla Saixon.)

MIL.

Noti a voi son que' versi,

Che contro a un cavaliere son di veleno aspersi?

LOR.

(Per carità, madama). (alla Saixon.)

M.SA.

Noti mi son, signore,

E credo di sapere di lor chi sia l'autore.

LOR.

Io men vo. (si alza un poco.)

M.SA.

State fermo. (a Lorino.)

MIL.

Ditelo. (alla Saixon.)

LOR.

(Ah qual disastro!...)

MIL.

Ditelo a me, madama. (alla Saixon.)

M.SA.

Egli è un filosofastro. (a Milord.)

LOR.

(Respiro). (da sé.)

MIL.

(Ah, non vi è dubbio. Jacobbe è l'arrogante.

Lo troverò). Madama. (s'inchina.) (Mi tremano le piante). (parte correndo.)

 

 

 


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