Carlo Goldoni
La gelosia di Lindoro

ATTO SECONDO

Scena Nona. Fabrizio e detti

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Scena Nona. Fabrizio e detti

 

FAB. (resta in disparte e ascolta)

ZEL. Possibile, signore, che un uomo saggio come voi siete...

LIN. (a Don Roberto) Ella avrà l'ardire di condannarvi...

ROB. (a Zelinda) Mi pare la resistenza un po' troppo forte...

FAB. (a Don Roberto con qualche agitazione) Con permissione. M'hanno detto ch'ella mi cercava.

ROB. (verso Fabrizio) Oh appunto...

LIN. Ecco l'interprete, il confidente...

ROB. (a Lindoro) Lasciate parlare a me.

ZEL. Voi vedete, Fabrizio...

ROB. (a Fabrizio, tirando fuori la lettera) Badate a me. Siete voi informato di questa lettera che fu trovata sul tavolino di Zelinda?

FAB.signore, la conosco benissimo, e Zelinda l'ha avuta dalle mie mani.

LIN. Ecco s'io diceva la verità...

ROB. (a Lindoro) Tacete!

ZEL. Fabrizio, io ho mantenuta la mia parola a costo di mille ingiurie. Ci vogliono obbligar a parlare. Voi sapete di che si tratta, tocca a voi a decidere se s'ha da parlare, o tacere.

FAB. Io ho molto più interesse di voi in quest'affare. V'è noto se mi gioverebbe a tacere; ma trattandosi dell'onor nostro, per giustificare anche la vostra condotta, sono costretto a confessare la verità.

ZEL. (da sé) (Don Flaminio è sacrificato.)

LIN. (a Don Roberto) Vedete, signore, se i miei sospetti...

ROB. (a Lindoro) Ma tacete una volta. (accennando Fabrizio) Lasciate parlare a lui...

FAB. (a Don Roberto) Signore, voi sapete che le colpe d'amore son colpe umane...

LIN. Amori simili sono delitti, sono iniquità...

ROB. (a Lindoro) Voi mi fareste venir la rabbia.

FAB. Ma voi, Lindoro, per che cosa vi riscaldate?

LIN. Corpo di bacco! non ho motivo di riscaldarmi?

ROB. (a Lindoro) Perderò la pazienza. (a Fabrizio) Seguitate il vostro discorso.

FAB. Amor m'ha acciecato, amor m'ha consigliato.

ROB. Siete voi quello ch'ha scritto questa lettera?

FAB.signore, l'ho scritta io.

LIN. Siete voi che ama, e che seduce Zelinda?

FAB. Che parlate voi di Zelinda?

ROB. Questa lettera fu trovata su quel tavolino.

LIN. Questa lettera parla chiaro... ma no, non siete voi che l'avete scritta. Chi l'ha formata è lontano, voi siete qui: siete un impostore, un bugiardo.

FAB. Adagio un poco: se mi darete tempo a parlare, saprete tutta la verità. (da sé) (Prego il cielo di non imbrogliarmi.)

ZEL. (da sé) (Non capisco niente. Dove mai va a battere la sua finzione?)

LIN. (a Don Roberto) V'assicuro...

ROB. (a Lindoro con impazienza) Sentiamo.

FAB. Voi conoscete, signore, la figlia dello speziale del vostro castello.

ROB. La conosco benissimo.

FAB. Figlia unica d'un padre ricco...

ROB. È bella, è giovane, ma un po' fraschetta.

FAB. Confesso la verità, signore, mi è riuscito d'innamorarla, sarebbe per me il miglior affare del mondo, prevedo che suo padre non ne sarebbe contento, coltivo il di lei amore, e le scriveva la lettera che voi vedete.

ZEL. (con spirito, e con franchezza) Sì, signore, Fabrizio è innamorato della figlia dello speziale, me ne ha fatto la confidenza, mi ha mostrato la lettera; ecco il segreto, ecco la ragione della mia parola, e del mio silenzio.

ROB. Ah? cosa dite? (a Lindoro)

LIN. Non credo niente. Dov'è la soprascritta che provi la verità?

FAB. (a Lindoro) La soprascritta non era fatta, e la lettera non fu spedita.

LIN. E per qual ragione quella lettera era in man di Zelinda?

FAB. Lindoro mio, vi domando scusa. Conoscendo il talento e la probità della vostra sposa, prima di spedire la lettera, ho voluto prendere il suo consiglio. Ella m'ha fatto comprendere il torto ch'io aveva di subornare la figlia d'un galantuomo. Mi sono arreso alle sue ragioni, ho trattenuto la lettera, ed è rimasta sul tavolino.

ZEL. Ecco la pura e semplice verità.

ROB. (a Lindoro) Ebbene, che ve ne pare?

LIN. Non ne sono ancor persuaso. Perché questa gran segretezza? Perché insistere a non parlare? Perché esporsi piuttosto?...

ZEL. Perché Fabrizio m'avea domandato il segreto...

FAB. Perché poteva essere di pregiudizio a me, e di pregiudizio alla figlia.

ZEL. Ed io non ho cuore di recar pregiudizio a nessuno.

FAB. E l'ho pregata di non parlare.

ZEL. Ed io gli ho data la mia parola d'onore.

ROB. Lindoro, la cosa è tanto semplice e naturale, che non si può sospettare in contrario.

LIN. (a Fabrizio) Eh, signore, signore... a proposito, mi sovviene una cosa. La lettera è scritta ieri, l'appuntamento d'essere insieme è per il giorno d'oggi; come potete voi... Voi che siete obbligato al servizio; come potevate impegnarvi d'esser oggi al castello segretamente?

FAB. Se la lettera fosse partita, avrei pregato il padrone... Confesso la verità, avrei trovato un pretesto d'affari, d'interessi, con qualche mercante di grano, con qualche fattor di campagna. Il padrone non me l'avrebbe negato.

ROB. Oh, no certamente. Il mastro di casa poteva facilmente credere che gliel'avrei accordato.

FAB. Né la colpa sarebbe stata sì grave... Tutto il male ch'io ho fatto si è d'avermi confidato a Zelinda senza la permission di Lindoro.

LIN. (con sdegno) Anzi, obbligata Zelinda a non dir niente a Lindoro.

ROB. (a Lindoro) Via, non è poi un delitto.

LIN. E Zelinda preferisce gl'interessi altrui alla quiete ed alla tranquillità del marito.

ZEL. Vi domando perdono. So che ho fatto male, ma ho creduto far bene.

FAB. E il bene ch'ha fatto è grandissimo, poiché in grazia dei suoi buoni consigli ho abbandonato l'idea ch'aveva sopra la giovane, ed ho conosciuto il torto ch'io faceva a suo padre.

ROB. Lodo la vostra risoluzione. (a Zelinda e Lindoro) Ma vorrei veder qualche segno fra voi di vera, perfetta riconciliazione.

ZEL. (in atto di accostarsi a lui) Se il mio caro marito me lo permette...

LIN. (s'avanza verso Zelinda) Scusate, l'amore, la gelosia...

 

 


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