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FIL. Con buona grazia di lor signori. Signora donna Eleonora, datemi la permissione di ritirare la mia parola colla vedova di cui si tratta.
ELE. Sì, avete ragione; perché Don Flaminio ama perdutamente Zelinda.
FIL. No, signora mia, v'ingannate. Scusatemi, amico, s'io son costretto a svelare la verità; egli ama perdutamente una virtuosa di musica.
FLA. È vero, non so negarlo, e di questo io vi domandava perdono.
LIN. (a Don Filiberto) Sono cabale, siete tutti d'accordo.
FIL. (a Lindoro, con sdegno) Mi maraviglio di voi. Siete un impertinente a parlare così.
ZEL. (a Don Filiberto, accennando Lindoro) Ah, signore, scusatelo per amor del cielo.
ROB. Ah, Lindoro, guardate s'ella v'ama, s'ella merita di essere amata!
LIN. (a Don Flaminio) Che facevate voi con mia moglie?
FLA. Dirò la verità. Amore mi ha condotto segretamente, era in casa di Barbara, ch'è l'amor mio. Venuta è Zelinda a sorprendermi, a correggermi, a illuminarmi, ed è opra sua il sagrifizio che fo della mia passione, ed il perdono ch'io imploro dal genitore.
ROB. (giubilante) Oh cielo! (a Donna Eleonora) Ah, che ne dite? È una femmina virtuosa?
ELE. (a Don Flaminio) Sposerà la vedova il signor Don Flaminio?
FLA. Farò tutto quello che mi comanderà il genitore.
ROB. Sì, caro figlio, che tu sia benedetto. Ti perdono, ti abbraccio. Sono pien di consolazione. (a Lindoro, con ansietà) E voi siete ancor persuaso?
LIN. Ma quella lettera verificata a puntino? Quella lettera trovata in man di Zelinda?
ROB. Non era scritta da Fabrizio alla figlia dello speziale?