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Donna Aspasia, Don Luigi, e poi Don Onofrio.
LUI. Ah, se mi dà questi cento scudi, mi dà la vita. Non passeranno però otto giorni, ch'io glieli renderò.
ASP. Come pensate di volerli impiegare?
LUI. Ci penserò. Una guantiera d'argento per il signor Pantalone, con sopra della cioccolata, un ventaglio di Francia per donna Eufemia, non saranno princìpi tanto cattivi.
ASP. Sperate voi che donna Eufemia voglia ricevere il ventaglio di Francia?
LUI. Lo riceverà, se voi glielo presenterete con grazia.
ASP. Io gliel'ho da esibire? Mi meraviglio.
LUI. Ecco qui: in tutto vi ha da essere la sua difficoltà; sia maledetto quando parlo con voi.
ASP. Zitto, acchetatevi. Ecco qui mio marito.
LUI. Il ventaglio glielo darete?
ONOF. Oh, i mille scudi vi sono. Il signor Pantalone me li ha portati iersera.
ONOF. Eccovi qui li cinquanta scudi.
LUI. Cinquanta?
ONOF. Sì, non mi avete detto cinquanta?
LUI. Cento ha detto, e non cinquanta. (adirato)
ONOF. O cento, o cinquanta, voi non ci entrate, signor cognato.
ASP. Badate a me. Vi ho pregato di cento.
ONOF. Oh, sentite un poco questo signore che si scalda.
LUI. Se siete uno stolido senza memoria.
ONOF. Orsù, ve l'ho detto cento volte. In questa casa non ci voglio stare.
ASP. (Fratello, voi non avete prudenza).
LUI. Via, signor cognato, compatitemi. Il mio naturale è così di parlar forte; per altro ho per voi tutta la stima, tutto il rispetto.
ONOF. Già lo sapete, chi mi piglia colle buone, mi cava anche la camicia.
ASP. E così, mi date questi denari? Sì, o no?
ONOF. Come?
LUI. (Che pazienza!) (da sé) Li avete messi in tasca.
ONOF. Ah sì. Ora me ne ricordo. Eccoli.
LUI. Ma quelli sono cinquanta, e non cento.
ONOF. Se volete venir con me, ve li darò tutti cento.
LUI. Verrò anch'io, se mi volete.
LUI. Caro signor cognato, siete il più buon uomo del mondo.
ONOF. Io voglio bene a tutti. Andiamo a contentar donna Aspasia.
LUI. E poi beveremo la cioccolata.
ONOF. E poi beveremo la cioccolata. (ridendo parte)
ASP. Oh che bernardone! (parte)
LUI. Così li vorreste voi altre donne. (parte)