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Contessa Clarice - Riverisco la signora donna Rosaura.
Donna Rosaura - Serva della signora contessa.
Contessa Clarice - Vedete se vi voglio bene, se vi sono venuta a vedere?
Donna Rosaura - Onor ch'io non merito; grazia ch'io ricevo col più rispettoso sentimento del cuore.
Contessa Clarice - Avete desinato?
Donna Rosaura - Signora no, non ho desinato. Ho bevuto la cioccolata, e mi riserbo a cenar questa sera dalla contessa Beatrice. Vi supplico accomodarvi.
Contessa Clarice - Perché mi volete mettere in sedia d'appoggio? Questa è sufficiente. (accenna l'altra, che Rosaura teneva per sé)
Donna Rosaura - Di grazia fatemi quest'onore. Quella è la vostra sedia, e quello è il vostro luogo.
Contessa Clarice - Ma se non m'importa.
Donna Rosaura - Ma se vi prego di questa grazia.
Contessa Clarice - (Che ridicola affettazione!). (da sé) Per compiacervi, sederò dove volete. (si prova a mettersi a sedere, ma col guardinfante non v'entra a cagion de' bracci del seggiolone) Signora donna Rosaura, non sono in grado di ricevere le vostre finezze.
Donna Rosaura - Perché, signora contessa?
Contessa Clarice - Non vedete? I bracci di questa sedia son tanto stretti, che il guardinfante non ci capisce.
Donna Rosaura - (È vero; non so trovare il ripiego). (da sé) Mi dispiace che in questo appartamento non vi sono altre sedie distinte.
Contessa Clarice – Eh, a me non m'importa niente. Vi dico che sederò qui. (va a sedere sulla sedia, ch'era per Rosaura)
Donna Rosaura - Siete padrona di servirvi come v'aggrada. Ehi? (chiama)
Donna Rosaura - Senti. Con vostra licenza. (a Clarice; poi parla nell'orecchio a Brighella)
Brighella - Lustrissima sì. (parte, e poi torna)
Contessa Clarice - E voi, signora, non sedete?
Donna Rosaura - Or ora sederò, se mi date licenza.
Brighella - (viene con un piccolo panchettino, su cui Rosaura siede)
Contessa Clarice - (Oh che freddure, oh che caricature!). (da sé)
Brighella - (E viva i matti!). (parte, poi torna)
Contessa Clarice - Nel vostro paese, che è porto di mare, e porto mercantile, vi saranno delle stoffe d'oro magnifiche e di buon gusto.
Donna Rosaura - Qualche volta ne vengono delle superbe. Ultimamente ne ho presi tre tagli per far tre abiti, che mi lusingo sieno qualche cosa di particolare.
Contessa Clarice - Li avete portati con voi?
Donna Rosaura - Sì signora, con idea di farmi far gli abiti da un sartore palermitano.
Contessa Clarice - Mi fareste il piacere di lasciarmi vedere queste stoffe?
Donna Rosaura - Subito vi servo. Ehi? (chiama)
Donna Rosaura - Osserva in guardaroba, che vi sono quelle tre pezze di stoffa d'oro; portale qui, e portaci un picciolo tavolino.
Brighella - La servo subito. (Sta' a veder, che la lustrissima vol far botteghetta). (da sé) Volela anche el brazzolar?
Donna Rosaura - Animo, sbrigati.
Brighella - (La vorrà guadagnar el viazo). (parte, poi torna)
Contessa Clarice - Mi dispiace darvi quest'incomodo.
Donna Rosaura - È onor mio il potervi servire.
Contessa Clarice - Vi prego d'una grazia; se vedete la contessa Eleonora, non le dite nulla ch'io sia stata qui da voi.
Donna Rosaura - Sarete obbedita. Ma per qual motivo non volete che mi glori d'aver ricevuto le vostre grazie?
Contessa Clarice - Se sapesse ch'io son venuta da voi senza dirlo a lei, lo avrebbe per male.
Donna Rosaura - È puntigliosa?
Contessa Clarice - E come! Basta dire che un'altra volta si è disgustata con me per essermi vestita da estate, senza averla avvisata.
Brighella - (col tavolino, e le tre pezze di stoffa; poi parte)
Donna Rosaura - Ecco quanto ho portato meco in tal proposito.
Contessa Clarice - Questa è vaga, ma poco ricca.
Donna Rosaura - Riesce meno pesante.
Contessa Clarice - Questo è un colore che non mi piace.
Donna Rosaura - È colore moderno.
Contessa Clarice – Oh, questa poi mi piace infinitamente.
Donna Rosaura - Veramente non può negarsi che non sia di buon gusto.
Contessa Clarice - Quante braccia sono?
Contessa Clarice - Il bisogno per un andrienne. Ditemi, ve ne privereste?
Donna Rosaura - Veramente l'ho provveduta per mio uso; ma quando si tratta di servire la signora contessa, non ho difficoltà di privarmene.
Contessa Clarice - Vi ringrazio infinitamente. Quanto vi costa il braccio?
Donna Rosaura - Quando vi degnate riceverla dalle mie mani, non avete da curarvi di saper quanto costi.
Contessa Clarice - Oh, non sarà mai vero ch'io la riceva, senza ch'io vi rimborsi del valore.
Donna Rosaura - Non posso meritar questa grazia?
Contessa Clarice - No assolutamente.
Donna Rosaura - Quand'è così, per obbedirvi, vi dirò, ch'ella mi costa tre zecchini il braccio.
Contessa Clarice - Non è cara. In tutto quanto importa?
Donna Rosaura - Il conto, io non lo so fare.
Contessa Clarice - Aspettate lo farò io. Ventiquattro braccia, a tre zecchini il braccio. Tre volte ventiquattro. Venti e venti quaranta e venti sessanta. Quattro, e quattro otto, e quattro dodici; sessanta, e dodici quanto fa? Sessanta e dieci settanta, e due settantadue. Importa settantadue zecchini.
Donna Rosaura - È verissimo. Settantadue zecchini.
Contessa Clarice - Stasera vi porterò il danaro dalla contessa Beatrice.
Donna Rosaura - Siete padrona.
Contessa Clarice - Che bella stoffa! Non si può far di più. Il disegno è vago a maraviglia, l'oro non può esser più bello. È un drappo che in Palermo non ho veduto il compagno.
Donna Rosaura - Ho piacere che la signora contessa sia contenta.
Contessa Clarice - Credetemi che, oltre il pagamento, mi avete fatto un gran regalo. Bisogna poi dirla: gran Parigi! In Italia, non sanno fare di queste stoffe.
Donna Rosaura - Eppure, signora contessa, assicuratevi, che questa stoffa è fatta in Italia.
Contessa Clarice - In Italia! Dove?
Donna Rosaura - Io so di certo ch'è stata fatta in Venezia.
Contessa Clarice - Quando non è di Francia, compatitemi, non la voglio.
Donna Rosaura - Ma s'è tanto bella; se non si può fare di più!
Contessa Clarice - Non importa; per esser bella deve esser di Francia.
Donna Rosaura - Queste altre due pezze, sono di Francia, e non hanno che fare con questa.
Contessa Clarice - La voleva dire che queste due erano di Francia. Vedete che finezza d'oro?
Donna Rosaura - Eh, signora contessa, è l'opinione che opera. In Italia sanno lavorare al pari di Francia, ma fra noi altre donne corre un certo puntiglio, che la roba forestiera sia meglio dell'italiana, e se i nostri artefici vogliono vendere con riputazione i loro lavori, è necessario dare ad intendere che sono manifatture di Francia, e così sacrificando al maggior guadagno la propria estimazione, si scredita la povera Italia, per la falsa opinione degl'italiani medesimi.
Contessa Clarice - Dite quel che volete; ma io non voglio alcuna stoffa, se non è forestiera.
Donna Rosaura - Queste altre due sono forestiere.
Contessa Clarice - Non mi piacciono.
Contessa Clarice - Dunque scusate l'incomodo che vi ho recato (s'alza).
Donna Rosaura - Volete privarmi delle vostre grazie?
Contessa Clarice - In altro tempo goderò della vostra conversazione.
Donna Rosaura - Questa sera, dalla contessa Beatrice. Credo che vi sarà qualche poco di ballo.
Donna Rosaura - Non lo so. Voi siete attesa.
Contessa Clarice - Verrò a vedere. (Mi daranno regola le circostanze). (da sé) Signora donna Rosaura, vi riverisco. (s'incammina per partire)
Donna Rosaura - Serva divota. (resta al suo posto)
Contessa Clarice - (Non fa grazia d'accompagnarmi nemmeno alla porta?). (da sé, e si ferma)
Donna Rosaura - Signora, vi occorre qualche cosa?
Contessa Clarice - Queste tappezzerie l'avete portate voi? (camminando)
Donna Rosaura - Signora no. (la seguita)
Contessa Clarice - In quest'altra camera qui, chi ci sta? (camminando)
Donna Rosaura - Vi è il guardaroba. (la seguita)
Contessa Clarice - Da questa porta si va in sala? (camminando sino alla porta)
Donna Rosaura - Signora sì. (la segue sino alla porta)
Contessa Clarice - Basta così. Non occorr'altro. (parte)