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Camera solita nella locanda con tavolino e lumi.
Don Florindo - Tant'è, voglio sfidar alla spada quel mangione del conte Onofrio.
Donna Rosaura - Quando lo volete sfidare?
Don Florindo – Subito, domani mattina.
Donna Rosaura - Mi parrebbe di commettere un'azione indegna, se restassi a Palermo sino a domani. Mandate subito a prendere il carrozzino; ordinate che attacchino i quattro cavalli, e avanti che suoni la mezza notte, usciamo da questa città.
Don Florindo - E mi persuadereste partire senza un qualche risentimento?
Donna Rosaura - Questa è una cosa alla quale tocca a pensare a me.
Don Florindo - Ci devo pensar io, che sono vostro marito.
Donna Rosaura - No, Florindo, fidatevi questa volta di me. Può essere che mi riesca far le vostre vendette, senza sfoderare la spada.
Don Florindo - Eh, che per fare a vostro modo, sinora ho fatto delle bestialità; non voglio che mi meniate più per il naso.
Donna Rosaura - Ora non vi domando di secondarmi per un capriccio, per un piacere, ma solamente vi chiedo, che siccome sono io stata la cagione di questo male, lasciate fare a me a procurare il rimedio.
Don Florindo - Ditemi che cosa avete intenzione di fare.
Donna Rosaura - No, non lo voglio dire. Bastivi sapere che il pensiero è tutto mio, che la vendetta è sicura, e che mancherà il tempo di farla se inutilmente ci tratteniamo.
Don Florindo - Dunque che abbiamo a fare?
Donna Rosaura - Mandate subito a ordinare il carrozzino con i quattro cavalli.
Donna Rosaura - La roba si consegnerà al padron dell'albergo, e la manderà poi a Castellamare.
Don Florindo - Volete far uccidere qualcheduno?
Donna Rosaura - Eh, pensate! La vendetta ha da essere senza sangue.
Don Florindo - Io non vi so capire.
Donna Rosaura - Sollecitate, e saprete la mia intenzione.
Don Florindo - Brighella? (chiama)