Carlo Goldoni
Filosofia e amore

ATTO SECONDO

SCENA SECONDA   Esopo, poi Leonzio

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SCENA SECONDA

 

Esopo, poi Leonzio

 

ESO.

Egli teme a ragion, perché non sa

Qual sia del mio cervel l'abilità.

LEON.

Esopo, amico mio!

ESO.

Leonzio qui?

LEON.

Sono scolaro anch'io.

Per seguir una bella,

Da' genitori suoi venduta a Xanto,

Lasciai la patria, e mi condussi alfine

Quella ch'io cerco ed amo

Schiava infelice a rintracciare in Samo.

ESO.

È qui dunque?

LEON.

Sì, amico:

Il mio ben, la mia dea,

Quella per cui sospiro, è Cloridea.

ESO.

Il padrone lo sa?

LEON.

Credo lo sappia;

Ma all'amor mio s'oppone

Strano desio di Menalippe ardita.

Ella di me invaghita,

Non sa quel che si faccia:

Or mi tenta, or m'insulta ed or minaccia.

ESO.

Ho piacer di saperlo;

Lasciate ogni spavento,

Ch'io m'impegno di farvi un contento.

LEON.

Come?

ESO.

Non vuò dir come:

Quando tempo sarà, ve lo dirò.

Farete a modo mio?

LEON.

Sì, lo farò.

So che saggio voi siete,

So che meco comun la patria avete.

Di voi, amico mio, di voi mi fido,

E col vostro favor la morte io sfido.

 

Frema pure il mar sdegnato,

Minacciando stragi e morte;

Anderò, da voi scortato,

Le tempeste ad incontrar.

Colla speme e col consiglio

Voi mi fate ardito e forte,

saravvi alcun periglio

Che mi faccia paventar. (parte)

 

 

 


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