Carlo Goldoni
Filosofia e amore

ATTO TERZO

SCENA OTTAVA   Xanto, poi Menalippe, ed Esopo in disparte.

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SCENA OTTAVA

 

Xanto, poi Menalippe, ed Esopo in disparte.

 

XAN.

Ahi, che fiero cimento!

Già cominciar mi sento

I palpiti del cuore.

Ma no, voglio mostrare il mio valore.

MEN.

(Povera Menalippe!

Barbaro crudo fato!

Leonzio è maritato,

Xanto da sé mi scaccia:

Non so quello ch'io pensi, o quel ch'io faccia).

XAN.

(Oimè, che s'io la guardo,

Bella mi sembra ancora,

E mi sdegna in un tempo e m'innamora).

MEN.

(Non veggo altro rimedio

Che tentar nuovamente il cor di Xanto.

Userò per placarlo arte e natura,

Ma di vincerlo poi chi m'assicura?)

XAN.

(Discacciarla vorrei, ma se le parlo,

Se mesta mi risponde,

Si perde e si confonde

L'afflitto cor di quelle luci al raggio).

ESO.

(Via, coraggio, padrone). (a Xanto, non veduto da Menalippe)

XAN.

(Sì, coraggio).

 

Sposa infida, sposa ingrata,

Ho scoperto il vostro cor.

Da me siete licenziata,

E fia giusto il mio rigor.

MEN.

Poverina! sfortunata!

Mi ha tradita un mentitor.

Son da tutti assassinata,

Non resisto al mio dolor.

XAN.

Vostro danno, il meritate.

MEN.

Caro sposo.

XAN.

Eh, m'ingannate.

MEN.

Questo pianto rimirate,

Che sugli occhi vien dal cor.

XAN.

(Ahi, quel pianto mi tormenta,

Par ch'io senta - un batticor).

(Esopo di lontano incoraggisce Xanto)

MEN.

Deh, movetevi a pietà.

a due

(All'incanto di un bel pianto

Chi resistere potrà?) (ognun da sé)

MEN.

Non son più quella

Sposina bella

Del mio carino

Dolce sposino,

Che mi diceva:

«Con quegli occhietti,

Così furbetti,

Tu m'hai ferito

Nel seno il cor».

XAN.

(Ah, per resistere

Non ho valor).

MEN.

Caro tesoro,

Sento ch'io moro;

Se mi lasciate,

Se mi scacciate,

Dolente e misera

Io morirò.

XAN.

(Ahi, che resistere

Più non si può). (da sé)

Siete pentita?

MEN.

Sì, mio tesoro.

Sento ch'io moro

Per l'allegrezza.

XAN.

(Tanta dolcezza

Perder non so).

MEN.

(L'ho guadagnato). (Esopo rimprovera Xanto in disparte)

XAN.

(Sono imbrogliato).

MEN.

Fatta è la pace?

XAN.

Siete mendace.

MEN.

Siete volubile

Peggio di me.

XAN.

Se son volubile,

Vi è il suo perché.

MEN.

Ah, pur troppo indegna sono

Della grazia, del perdono,

Ma la man vi vuò baciar.

XAN.

La mia mano?... No, non voglio. (Esopo gli fa cenno di no)

MEN.

Parto dunque...

XAN.

Aspetta un poco.

(Ahi nel sen mi sento un foco:

Ho paura di crepar).

MEN.

Caro sposo, io partirò,

E mai più non vi vedrò.

XAN.

No, mia cara, non partir,

Che mi dai troppo martir.

MEN.

Sarò vostra?

XAN.

Sarai mia. (Esopo lo rimprovera)

(Non val più Filosofia,

Se comanda il dio d'Amor). (verso Esopo)

MEN.

(Ai filosofi prevale

D'una femmina il valor). (da sé)

a due

Nel mio core - sento amore,

Che mi dice: - «Sei felice;

Quel ch'è stato, stato sia».

Dolce, cara gioia mia,

Tu m'hai fatto giubilar. (partono)

 

 

 


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