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FAB. Oh, ecco qui la signora Clorinda.
FUL. Oimè! che dirà il signor Fabrizio, se mi ha veduto in quest'atto? (Fabrizio e Clorinda restano un poco indietro ammirati)
EUG. (Ah, trema della cognata; gli duole che lo abbia veduto ai miei piedi). (da sé)
CLO. (Povero signor Fulgenzio! mi dispiace che rimasto sia sconcertato. Compatisco l'amore, e mi sovviene che il mio caro sposo faceva meco lo stesso). (da sé)
FAB. Eugenia, che cos'è stato? è venuto male al signor Fulgenzio?
EUG. Mi par di sì, domandatelo a lui.
FAB. Vi è venuto qualche male, signore? (a Fulgenzio)
FUL. Sì, certo, mi è venuto un giramento di capo: non avete osservato, ch'io era caduto in terra? (Non sappia, ch'io mi gettava ai piedi della nipote). (da sé)
EUG. (Si scusa per cagione della cognata). (da sé)
FAB. Aspettate, che vi voglio guarir del tutto. Vado a prendere un maraviglioso, stupendo arcano del famosissimo, magnificentissimo Cosmopolita. (parte)